LA RISCOSSA DEL PANE BUONO

di PAOLO CARUSO (agronomo) – Durante il periodo di quarantena gli italiani hanno riscoperto il piacere di acquistare farina, improvvisandosi panettieri e pizzaioli, ma questo fenomeno non ha riguardato solo il focolare domestico: infatti la richiesta di prodotti da forno ha coinvolto anche la stragrande maggioranza dei panifici, soprattutto quelli di prossimità (la bottega sotto casa).

Una recente analisi di Cerved e AIBI (Associazione Italiana Bakery Ingredients), aderente ad ASSITOL, che rappresenta le aziende produttrici di prodotti per panificazione, pizzerie a pasticcerie, rileva che l’85% del pane acquistato in Italia è quello fresco artigianale. Nel nostro Paese si producono mediamente un milione e mezzo di tonnellate l’anno di pane, per un consumo pro-capite giornaliero di 80 grammi.

Durante il lockdown, secondo le stime dell’AIBI, il pane ha incrementato mediamente la sua presenza a tavola del 10%, tornando ai livelli di consumo di un decennio fa.

Il pane non è un semplice alimento: è una parte importante della storia e della cultura di popoli, ma l’aspetto sacrale e identitario è progressivamente sfumato con l’avvento dell’industria che ha incrementato a dismisura la produzione, rendendo il pane per lo più privo di ogni carattere distintivo.

Oggi, fortunatamente, le nuove tendenze per il mercato del pane confermano che il consumatore apprezza (oltre alle qualità organolettiche) anche gli aspetti legati alla tradizione e alla territorialità, premiando i prodotti fatti con farine di grani antichi locali, meglio se molite a pietra. I clienti sono anche molto attenti al tempo di lievitazione e al tipo di lievito utilizzato, preferendo il lievito madre, perfetto per la riscoperta di sapori ormai dimenticati.

Questa scelta commerciale è stata adottata in quel di Casarano, in provincia di Lecce, da Antonio Pizzileo, ingegnere per scelta ma fornaio per vocazione. A un certo punto della sua già gratificante vita professionale, Antonio ha deciso di recuperare un antico forno risalente alla fine dell’Ottocento, storicamente appartenente alla sua famiglia, dismesso negli anni Cinquanta e ormai ridotto a un rudere.

Intorno alla fine degli anni Settanta, l’ingegnere acquistò la struttura rilevando le quote di proprietà di alcuni suoi familiari e lasciò che maturasse l’idea giusta, convinto che prima o poi sarebbe arrivata. Fin quando, nel 2012, decise di riportare la struttura ai fasti di un tempo, spinto dal desiderio di mantenere viva la memoria dei luoghi, delle persone e dei prodotti che in quel forno prendevano vita, ma attento a creare un’attività commerciale che coniugasse la riscoperta di sapori lontani, con una necessaria attenzione alla sostenibilità economica.

Il percorso che ha condotto Antonio a recuperare il forno e l’attività artigianale non è stato frutto di improvvisazione, ma piuttosto il risultato di un progetto preciso, e per un ingegnere non poteva essere che così, che si è articolato su due fronti convergenti: la parte edilizia e quella commerciale.

Se per la ristrutturazione del forno Antonio ha ovviamente utilizzato la sua esperienza professionale, per la parte produttiva si è applicato in un approfondito percorso di formazione che lo ha visto girare per mulini, panifici e campi di grano, dentro e fuori il Salento. Al solo scopo di imparare.

“Conoscere il pane”, dice Antonio, “vuol dire imparare a conoscere le sostanze di cui è fatto, le tecniche e le metodologie necessarie alla sua produzione e al suo consumo e, infine, le reti di relazioni sociali e i significati culturali che caratterizzano le tante forme che assume”.

In ossequio a questi principi, Antonio ha conosciuto agricoltori e trasformatori che gli hanno insegnato l’amore per i grani antichi locali, ha studiato quali potessero essere le tendenze future del mercato e di fatto le ha anticipate. Acquista pregiate farine anche dalla Sicilia, che è diventata una parte importante della sua attività e che lo ha avvicinato a numerosi esponenti dell’Associazione Simenza fino a farne parte.

Ha frequentato numerosissimi corsi di formazione con i più grandi esperti di settore che lo hanno portato ad acquisire una esperienza che lo porta ad essere un vero maestro della panificazione.

Oggi, nel pieno della sua maturità e alle prese con problemi quotidiani impellenti, Antonio ha scelto di preservare la sua opera affidandola a un giovane conterraneo al quale ha lasciato il forno, ma ad una condizione ben precisa: rispettare le indicazioni e linee guida che lo hanno sempre ispirato.

Un pensiero su “LA RISCOSSA DEL PANE BUONO

  1. Silvio Coluccio dice:

    “… farine di grani antichi locali …”
    Questa frase mezzo ad un mare ribelle e vere parole non danno molta rilevanza e fanno perdere l orrore della import di massa di grano spazzatura.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *