LETTERE A MANCINI – 5

di CRISTIANO GATTI – Caro ct Mancini, ben fatto. Proprio ben fatto. Se il Belgio è la squadra più forte del mondo, possiamo dire tranquillamente che l’Italia è la più forte dell’universo. La differenza c’è tutta. Grazie a lei, la nostra squadra veste ufficialmente e definitivamente la divisa della squadra vera, senza se e senza ma, capace non solo di collezionare record più o meno probanti, ma soprattutto di vendere al mondo una sua personalità e una sua originalità.

La vera differenza con il Belgio in fondo sta tutta qui: loro una squadra triste e prevedibile, una squadra senza espressioni facciali, perfettamente rappresentata dalla faccia sempre uguale del fenomeno De Bruyne, noi invece una squadra che trasuda fantasia e sentimento. Da questo punto di vista, loro molto belgi, noi molto italiani. Ma come sanno quelli che leggono i grandi romanzi, sono proprio la fantasia e i sentimenti a rendere grandi queste storie. Diverse da tutte le altre.

Inutile negarlo: sta venendo sempre più a galla l’impronta del suo lavoro. E già che ci siamo, conviene ricordare a chi non l’ha notato che Mancini ha idee chiare, ferme, precise: mentre tutti parlavano della grande esplosione dei Locatelli e dei Pessina, chiedendone la conferma tra i titolari, Mancini non ha fatto una piega, insistendo sui suoi Verratti e sui suoi Barella, scelti non per la luna di una notte particolare, ma in lunghi mesi di collaudi e di meditazioni. Lo stesso Insigne: era già nato il movimento contro il suo tiro a giro, considerato monotono e prevedibile, ma Mancini non ha badato ai clamori di piazza e ha confermato il suo Insigne, lui con il suo strepitoso tiro a giro, che detto fra noi resta prerogativa di pochissimi, mi vengono in mente sui due piedi Del Piero e Ilicic, tanto per dire il calibro.

Per cui: complimenti ct. Quando va detto, non bisogna esitare. Gli uomini che dubitano a lungo e poi arrivano faticosamente a una propria idea finale sono uomini particolari: non significa che siano infallibili, che non sbaglino mai, ma semplicemente che hanno qualcosa dentro di forte e di appassionato, il corredo giusto per affrontare tutto, la vittoria come la sconfitta, senza sparire tra le onde di queste due pericolose bufere.

Adesso però bisogna venire al dunque, caro ct: la Spagna. E diciamo Spagna per dire tutto: che sia solo una semifinale non importa, per noi Spagna significa tutto. Questa è la squadra che da lunghi anni ci infligge non solo sconfitte, ma sanguinose umiliazioni. Diciamo Spagna e subito siamo di nuovo a Kiev, primo luglio 2012, casualmente finale degli Europei, allenatore Prandelli: 4-0 per loro, ma prima ancora la fredda sensazione del cappone sotto Natale, in tutto e per tutto. Quella sera, come dimenticarlo, gli spagnoli prendono la palla al primo minuto e non ce la fanno rivedere più.

Mettiamola così: è arrivato il momento di farci restituire il pallone. La Spagna di oggi non è più quella di allora, proprio nemmeno una nipote alla lontana. Noi invece siamo nella piena età dello sviluppo, con tutti gli ormoni e i brufoli in furiosa esplosione, l’esatto momento in cui ci si sente pronti ad azzannare il mondo, magari persino incoscienti e sventati, ma senza conoscere la parola paura.

Caro ct Mancini, è il momento. Le tocca. Adesso che siete una squadra vera, carichi sull’aereo i suoi soldati e vada a regolare i conti con la Spagna. E’ un’occasione irripetibile, non è nemmeno pensabile di sprecarla. Contro la Spagna non è una semplice semifinale. Siccome noi siamo la nazionale della fantasia e dei sentimenti, questa partita vale un Mondiale. E’ il Mondiale delle rivincite, dopo aver preso tutte quelle sberle. Ci faccia sapere.

LETTERE A MANCINI – 1

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