In questo contesto alcune categorie produttive, come quella dei mugnai artigianali, sono state improvvisamente rivalutate: la loro figura richiama a sapori dimenticati e rappresenta la perfetta sintesi del nuovo modello alimentare, fondato sulla riscoperta del naturale connubio tra cibo, territorio, cultura gastronomica e salute.
Questo modello è stato immaginato circa 15 anni fa da pochi ‘visionari’, tra cui Franco Distefano, un ex capo elettricista di una grande compagnia nazionale, che ha rifiutato il trasferimento al nord imposto dalla sua azienda, preferendo un futuro incerto alla tranquillità economica: futuro che per lui ha assunto le forme del mulino di famiglia, ridotto ormai a un rudere, le cui potenzialità a quel tempo potevano essere percepite solo da un eretico.
Franco, malgrado i suoi trascorsi professionali, è diventato un mugnaio vero, uno dei pochi rimasti in circolazione. La sua famiglia, del resto, da cinque generazioni ha sempre svolto quest’attività e tutti i suoi componenti erano mugnai, ciascuno dei quali possedeva il proprio mulino: nonni, genitori, zii, cugini. Quello di proprietà del padre di Franco ha l’anno di costruzione scolpito in uno dei suoi archi: 1822.
Ripristinare il “Molino Soprano”, un secolare mulino a pietra situato a Chiaramonte Gulfi in provincia di Ragusa, è stata la scommessa di Franco e della figlia Vanessa, che hanno sposato un progetto, forse un po’ azzardato, di sicuro lungimirante, che finalmente sta dando i suoi frutti.
Il “Soprano” è uno dei pochi mulini a pietra alimentato ad acqua presenti in Sicilia ed è un vero e proprio esempio di quella che viene definita “retroinnovazione”, ovvero la capacità di interpretare modelli antichi di sviluppo utilizzando ciò che di nuovo e sostenibile offre il mercato. L’opera di ristrutturazione è durata 6 anni ed è stata completamente a carico di Franco, che ha perfino scelto le pietre in una cava, sul modello di quelle anticamente presenti, le ha progettate nella forma delle macine attuali, le ha modellate e ha ricominciato a fare il mugnaio, che per lui “non è solo un lavoro, ma un atto d’amore nei confronti della storia della mia famiglia e del territorio che mi appartiene”.
Una delle macine viene ancora alimentata dall’acqua di una sorgente: immaginate un corso d’acqua che viene canalizzato in un contenitore di pietra a forma di tronco di cono dove l’acqua cade dopo un salto di circa dieci metri e che, sfruttando l’energia cinetica, riesce a far muovere una grande ruota di legno, che smuove le macine le quali infine frantumano il chicco di grano e producono farina.
Nel “Molino Soprano” si producono solo grani antichi, ovvero generi locali di frumento che si distinguono dalle moderne varietà per il ridotto indice di glutine, le superiori qualità nutritive e gustative e che trovano nella “molitura a pietra” il loro metodo di trasformazione ideale. Per questo vengono sempre più richieste dal mercato.
Franco ha creato una rete con gli agricoltori della sua zona, i quali coltivano i grani antichi da lui scelti e selezionati, remunerandoli adeguatamente e dando pari dignità a produttori e trasformatori come nei migliori esempi di imprenditoria illuminata.
Prima della pandemia, il “Molino Soprano” veniva quotidianamente visitato da ospiti in arrivo da ogni parte del mondo ed è diventato un caso di studio per molti istituti di ricerca, per la sua capacità di coniugare tradizione e sviluppo economico. Questa attività non rappresenta un nostalgico tuffo nel passato, ma riesce a dare reddito e a fornire possibilità di lavoro nel territorio: le farine di Franco vengono vendute in tutta Italia e all’estero e sono usate anche da chef stellati.
Nemmeno un terribile incendio che gli ha completamente distrutto la struttura nel 2016 è riuscito a far desistere Franco Distefano dal suo intento: grazie alla sua enorme forza di volontà e all’aiuto di qualche amico è riuscito a rimettere in sesto il suo magnifico mulino, orgoglio della Sicilia.