IL MESSIA IBRA

C’è qualcosa di grottesco e, tra le pieghe, di offensivo nella narrazione circa il ritorno di Zlatan Ibrahimovic al Milan in giacca e cravatta e non più in maglietta e calzoncini. Grottesco perché lo si descrive come un totem, una divinità astratta sulla collinetta di Milanello a controllare, rimproverare, motivare, giudicare. Offensivo perché addetto al cambio dei pannolini dell’allenatore Stefano Pioli, balia e severo maestro dei giocatori, spia del grande capo Gerry Cardinale. Un ruolo da perfido stregone.

Non che l’essere accostato a icone esoteriche con poteri sovrannaturali, dispiaccia a Ibra. È lui stesso che si accosta volentieri a Dio nei suoi messaggi pubblici, a volte addirittura sostituendosi a lui. Un conto però è coniare slogan ad effetto funzionali da urlare in campo e negli spogliatoi ogni maledetta domenica, ben altro discorso è parcheggiare nei box di Casa Milan ogni maledetto giorno alle 8.30, salire in ascensore al quarto piano, salutare segretaria e collaboratori, sedersi a una scrivania. Rito da intervallare alle puntate fuori porta, direzione Milanello, “per stare vicino alla squadra” come si usa dire.

In queste settimane di difficoltà della squadra medesima, il ritorno di Ibra nel firmamento rossonero viene descritto e celebrato in effetti come l’avvento di un messia. E anche questo certamente non lo disturba. Il nodo è che se davvero chi fa il mio mestiere conosce lo svedese, sa perfettamente che non tornerà in un club a fare il portinaio, né l’ambasciatore, né la badante a chicchessia: Ibra è ambizioso, adrenalinico, vuole essere operativo, vuole svolgere un’attività che lo renda responsabile di sé stesso e del suo lavoro, senza dipendere dall’1X2 né da un gol fatto, sbagliato, subìto da un altro…
Per chiarire meglio, un breve riassunto delle puntate precedenti. All’improvviso nel giugno scorso Paolo Maldini è stato freddamente messo alla porta per incompatibilità e appresso se n’è andato il fido Frederic Massara, con il quale Paolo aveva costruito il castello dalle macerie, rientrando in Champions dopo 7 anni e vincendo uno scudetto dopo 11. Così Giorgio Furlani, asceso ai vertici del Fondo Elliott come portfolio manager e amministratore delegato del Milan dopo il congedo di Ivan Gazidis, si è trovato dalla mattina alla sera a ricoprire un ruolo completamente nuovo: è passato da una carriera all’altra e, anziché studiare i mercati finanziari, si è buttato nel mercato del calcio come da un trampolino, tenendosi per mano con Geoffrey Moncada balzato a sua volta dalle mansioni di capo-scouting a direttore sportivo. Dovendo gestire il rinnovo di Maignan, le bizze dell’entourage di Leao, i malumori di Hernandez, i grattacapi di Pioli, gli infortuni di mezza squadra, i capricci di questo, le turbe di quell’altro, i campi di Milanello… Oltre naturalmente alle questioni amministrative della società. Una bella capriola.
La tifoseria si è sentita orfana e spaventata: passare dall’icona Maldini a un manager più o meno conosciuto, per quanto tifoso sfegatato, sembrava svilire il progetto e stracciare la garanzia del medesimo. Il mercato è stato invece un piccolo capolavoro di tempismo e qualità, fino a prova contraria, ma sono assolutamente certo della sincerità di Furlani quando auspica l’arrivo di Ibra per potergli passare il testimone di tutti i vari, fondamentali ammennicoli che riguardano la parte sportiva e non quella amministrativa di sua stretta competenza.
Ecco qual è il punto: Ibra torna per fare il Maldini. Forse nemmeno alle dipendenze del club (lo scrive il “Corriere della sera”), ma certamente con un ruolo a 360 gradi come consulente. Così i tifosi riavrebbero la bandiera più affidabile dopo che è stata ammainata quella dello stesso Maldini e la squadra – intesa come staff e giocatori – il collante tra campo e società. La quale, a sua volta, avrebbe un punto di riferimento di personalità, carisma, grande esperienza, niente affatto disposto a fare la spia: piuttosto, il consigliere di tutti, non disponibile a compromessi di sorta.
Di sicuro a Ibra non manca la fortuna o, se preferite, il karma: dopo l’ultima volta che si è recato a Milanello, il Milan reduce dal pesante 5-1 nel derby ha infilato una lunga serie di vittorie e risultati positivi. Ora che è di nuovo in rampa di lancio (martedì ha pubblicato un post con un significativo “Tic, tac, tic, tac” come a scandire il tempo del ritorno) i rossoneri hanno battuto il Paris St. Germain dopo una serie di 3 sconfitte e un pareggio. Dio vede e provvede.

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