TI PAREVA, E’ PARTITA ANCHE LA GUERRA AI GRANI ANTICHI

Uno straordinario consesso di esperti (?), la settimana scorsa, ha dato vita ad un incontro denominato “Grani antichi. Una moda piena di falsità” (già il titolo è tutto un programma), organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura in collaborazione con la casa editrice “Il Mulino” e l’Associazione Regionale Giornalisti Agricoltura (ARGA Emilia-Romagna).

L’evento non è stato che un pretesto per presentare il libro “Pane nostro. Grani antichi, farine e altre bugie” scritto dal Prof. Luigi Cattivelli, direttore del Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica del CREA, che tante polemiche ha già suscitato.

Il prof. Cattivelli era, per l’occasione, accompagnato da una pletora di accademici e giornalisti come raramente si vedono concentrati in un’unica occasione, uniti da una ferrea comunione di intenti, ovvero: come screditare in un solo colpo il settore dei grani antichi, denigrare chi li consuma e porre un pesante interrogativo sullo stato della ricerca in questo paese.

Facevano parte dell’assise anche il Dott. Ercole Borasio, Accademico Ordinario già Direttore Generale della Produttori Sementi S.p.a, il Prof. Silvio Salvi, Presidente della Società Italiana di Genetica Agraria e la giornalista Lisa Bellocchi, Presidente dell’European Network of Agricultural Journalist.

L’adunanza così corposa e qualificata ha discettato o meglio, ha sparato a palle incatenate sul tema “grani antichi”.

Peccato che tra gli astanti non risulti la presenza di nessun soggetto che avesse potuto fare da contraddittorio, che ne so, un agronomo ad esempio?

Ma a mettere in discussione gli argomenti esposti hanno egregiamente provveduto le innumerevoli ovvietà e inesattezze propinate per l’occasione.

Così inverosimili da non poter non essere elencate e sottolineate.

Ha iniziato il dott. Borasio che ha introdotto i lavori asserendo che: ”i grani antichi sono nati dalla ricerca scientifica di Nazareno Strampelli e sono stati utilizzati dai primi del Novecento fino al primo dopoguerra.”.

Ci permettiamo di far notare al dott. Borasio che, ad oggi, non esiste nessuna definizione legale, scientifica o agronomica, condivisa sulla denominazione “grani antichi”. E che, ad esempio, per il sottoscritto (per quello che può valere) e per molti altri, proprio il mirabile (senza ironia) lavoro di miglioramento genetico del Prof. Strampelli, ha decretato il limite temporale che determina la differenza tra grani antichi e moderni. Semmai i “grani antichi” sono quelli coltivati prima dell’opera di miglioramento genetico del prof. Strampelli.

Informiamo il dott. Borasio, che in Sicilia si coltivano molte varietà di frumenti (Timilia, Perciasacchi, Maiorca, etc.) secoli prima la venuta al mondo del prof. Strampelli, che hanno certamente il pedigree per poter essere considerati “grani antichi”.

Ma dove l’illustre accademico raggiunge vette inarrivabili della mistificazione è in occasione della sua seconda topica: “…i cosiddetti grani antichi, non sono iscritti a nessun registro e non hanno regole” continuando, “E poi se compro una pagnotta di grano antico chi mi garantisce cosa c’è dentro e cosa mangio senza controlli?”

Vorremmo sommessamente, ma poi mica tanto, far notare all’esimio accademico, che le varietà di grani antichi, dal 2017, sono iscritte dagli agricoltori custodi al Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione tenuto dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF).

E proprio in virtù di questa norma le filiere sono tracciate a partire dal seme e severamente controllate, proprio dal personale del CREA, di cui il prof. Cattivelli, autore del libro che è stato presentato, è un esponente di primo piano. E che non ci risulta abbia smentito questa palese inesattezza.

La fiera dell’approssimazione è proseguita con Lisa Bellocchi che ha asserito: “Il libro aiuta chi si occupa di informazione a non commettere errori e non essere megafono di fake news. Ad esempio, quella di chi sulle etichette gioca sulla formula “a basso indice di glutine”, confidando che il consumatore interpreti il dato come “qui c’è poco glutine”.

Aiutiamo noi la dott.ssa Bellocchi a fare corretta informazione: i “grani antichi” hanno effettivamente un basso indice di glutine, informazione facilmente riscontrabile su numerose pubblicazioni scientifiche (De Santis et al., 2017, Giunta et al., 2020, etc..). Quindi se vuole essere d’aiuto e non scadere nel pressapochismo, provi a spiegare la differenza tra basso indice di glutine e quantitativo di glutine presente.

La kermesse è proseguita con il prof. Salvi che ha così sentenziato: “Le nuove farine, nate dagli studi scientifici e genomici più avanzati, sono le uniche adatte per una agricoltura del futuro che punti a produrre meglio sfamando un maggior numero di persone.

Peccato che il tema della salute dei consumatori non susciti l’interesse del prof. Salvi.

Ci permettiamo di far notare al prof. che da un’analisi effettuata esaminando sacche di sangue conservate da circa 50 anni (circa 8000/10.000 campioni) e campioni di sangue attuali, è stato rilevato un raddoppiamento dei casi di celiachia in Finlandia e un incremento ancora maggiore negli USA (Rubio-Tapia et al., 2009 e Lohi et al., 2007). C’è una correlazione tra il consumo delle nuove farine e l’incremento dell’insorgenza di queste patologie? Qualcuno si sta occupando di chiarire questi aspetti?

Sarebbe interessante uno studio che metta fine a questo stato di indeterminatezza.

E vorremmo far notare all’esimio prof. che tutti, ma proprio tutti, gli scienziati che si sono approcciati a questa tematica, hanno confermato che la biodiversità, compresi i grani antichi, sono considerati fondamentali per i futuri programmi di miglioramento genetico (certo non per gli OGM).

Informiamo inoltre il dott. Ercole Borasio autore della meravigliosa dichiarazione: “…anche la macinazione a pietra, molto pubblicizzata, è falsa” e “…Non si può rispondere alle esigenze moderne con risposte del passato”, che, ad esempio, Mulino Bianco (di proprietà Barilla), di certo non un produttore locale ancorato a ideologie del passato, ha recentemente lanciato la linea di biscotti “Primizie”. Questi biscotti nel sito aziendale vengono così presentati “La farina integrale macinata a pietra è frutto di un’antica tecnica di lavorazione dei cereali che le dona la caratteristica granulometria irregolare – Per una colazione dal sapore unico e autentico”.

E l’utilizzo della macinazione a pietra, come tutte le cose di questo mondo, possiede sia vantaggi che svantaggi (Cappelli et al., 2020).

La successiva dichiarazione del prof. Borasio: “i grani antichi essendo il doppio di altezza sono maggiormente soggette alle micotossine, si allettano facilmente e sono anche più soggetti all’assorbimento di metalli pesanti presenti nel terreno come il cadmio”, riassume in maniera mirabile il desiderio irrefrenabile di denigrare sommariamente il settore dei grani antichi, calpestando anche ogni limite di logica agronomica.

Informiamo il prof. Borasio, che specialmente nelle regioni meridionali, quelle in cui si coltiva la maggior parte dei grani antichi, che il rischio micotossine è pari allo zero e che non è certo il pericolo di allettamento che lo può aumentare.

Sorvoliamo sul pericolo di assorbimento di metalli pesanti, forse il prof. Borasio ha confuso la coltivazione delle risaie, quelle sì a rischio assorbimento cadmio, piombo e arsenico, con quelle dei grani antichi.

La chiusura dell’evento è stata appannaggio del prof. Cattivelli che ha chiosato con una serie di dichiarazioni quali “il cosiddetto grano antico ha un 20% in più di minerali rispetto agli odierni, ma va tutto visto all’interno di una dieta equilibrata. Se mettiamo un cucchiaio di pomodoro nella pasta che mangiamo abbiamo già molti antiossidanti in più del 20%”.

Certo, anche se grattugiassimo una spranga di metallo potremmo ottenere lo stesso effetto.

Questo per non affermare una verità della scienza ovvero che i grani antichi hanno una dotazione, quantitativa e qualitativa, maggiore di polifenoli rispetto ai grani moderni (Truzzi et al., 2020).

Il prof. Cattivelli ha continuato asserendo che: “Un grano antico poteva andare bene per il mondo di 100 anni fa, ma per quello attuale sarebbe del tutto inutile.”

Tanto per confermare, ce ne fosse stato bisogno, qual è la stella polare del suo pensiero.

Vi risparmiamo le affermazioni sulla farina Manitoba perché screditerebbero troppo l’intera categoria degli scienziati italiani che non meritano questa ulteriore cattiveria.

E proprio alla scienza ci rivolgiamo per rimediare o ridefinire alcuni concetti, condizione necessaria per evitare che un dibattito, molto importante, degeneri in uno scontro tra fazioni che non serve a nessuno.

E non possiamo non inoltrare un appello alla politica affinchè finanzi una ricerca, veramente imparziale e seria, non solo sulle differenze tra grani antichi e moderni, ma sulla tematica cibo in generale: con queste premesse ci sembra oltremodo urgente.

9 pensieri su “TI PAREVA, E’ PARTITA ANCHE LA GUERRA AI GRANI ANTICHI

  1. Silente dice:

    Lei è come i finti ecologisti di Legambiente che in nome delle energie rinnovabili sono collusi con le industrie che producono pale eoliche.
    Ed è inoltre un talebano integralista, cieco e sordo.

  2. Renzo Carlenzoli dice:

    Purtroppo Loro sono foraggiati sistematicamente sia dal punto di vista economico che Propagandistico. Sta a Voi/Noi sbugiardarli, Grazie dell’articolo prodotto da ….Seminare Ovunque!

  3. Giuseppe dice:

    Complimenti per la minuziosa e dettagliata risposta ad un manipolo di “esperti” sudditi di un sistema finanziato dalle solite multinazionali.
    E vogliamo parlare della sostenibilità ambientale? Che è stata tirata in ballo? Come se trasportare grano dal Canada è una passeggiata per l’ambiente. Oppurr del famoso gliphosate utilizzato da quelle parti nella coltivazione del grano?

  4. Gianpiero Alvisi dice:

    Buona sera
    Sono un agronomo che ha lavorato sul campo occupandosi di sperimentazioni sul frumento
    Ero presente al convegno del 23 ottobre in qualità di spettatore e sono anche intervenuto.
    Ho la mia opinione in merito avendo visto e seguito campi sperimentali di grano duro e farro
    Ne conosco pregi e difetti dal punto di vista agronomico che non deve essere influenzato ed inquinato da politiche varie e operazioni di marketing.
    Mi piacerebbe trovare qualcuno con cui discutere sulla tecnica agronomica e non su politiche di commercializzazione varia che non mi interessano

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