RAGAZZI, SPARATE SUL PROF: PRIMO PREMIO DUE GIORNI DI VACANZA

Ormai, la scuola è diventata un palcoscenico, su cui si recitano commedie grottesche: quello che, in epoche meno bislacche e dementi, sarebbe parso inverosimile, nella meravigliosa scuola del terzo millennio è serissima realtà. Io non so come sia possibile che insegnanti e presidi abbiano perso così totalmente la bussola e si muovano in una sorta di universo parallelo, in cui le leggi della fisica e della logica siano passate del tutto in cavalleria, però è così: lo constato giorno dopo giorno. E la cosa peggiore è che, quando, dalle mie povere pagine, lancio accorati appelli alla normalità, vengo preso per pazzo o, peggio, per retrivo misoneista.

La ragione di questo sfogo risiede nella notizia, già di per sé pazzesca, di un ragazzino di prima superiore che a Rovigo ha sparato in faccia alla sua insegnante con una pistola ad aria compressa, mentre un compagno riprendeva la scenetta con lo smartphone. Per fortuna, la pistolina era una specie di giocattolo evoluto e sputava gommini e non piombini, perché la professoressa è stata centrata in un occhio e nel viso: anche preciso, il cecchino! Non scenderò in particolari, circa l’istituto rodigino che ha visto svolgersi lo spiacevole e cupo dramma, né circa le generalità di dirigente scolastica, vittima e carnefici: sono stufo di dare nomi e volti a una follia generalizzata e diffusa. Vedi in aggiunta lo studente che ha accoltellato un suo compagno a Napoli, o l’istituto evacuato a Foggia perché qualcuno ha spruzzato uno spray urticante e tossico, causando problemi e malori a diversi studenti.

Immaginiamoci la scena, per favore: due ragazzini di quattordici anni, a quanto si dice, provenienti da famiglie del tutto normali, si divertono a sparare coi gommini sull’insegnante e a riprendere la prodezza da Tex Willer. Ci sarebbe da andare in bestia: da mandare in overload quella caldaia immateriale che sovrintende alle nostre personalissime e bilicanti rabbie. E chiedere punizioni, una volta tanto: chiedere che questi John Wayne in diciottesimo, questi Stanley Kubrick in erba, vengano sospesi e allontanati. Anzi, allontanati tout court: che se ne andassero da qualche altra parte ad esercitarsi. E, se le loro famiglie fossero davvero, come si dice, normali, dovrebbero ripassarli come si deve, a futura memoria.

Non sto scherzando: sto solo raccontando come sarebbe andata, prima del Sessantotto, del Settantotto, dell’Ottantotto e di tutti gli altri stramaledettissimi anni che hanno trasformato l’educazione dei giovani in un circo equestre. Perché è del tutto evidente che si è buttato il bambino con l’acqua sporca: che il facilismo, il perdonismo, lo psicologismo e tutte le altre diavolerie della scuola contemporanea hanno trasformato gli studenti in debosciati senza regole e i professori in carne da cannone, tremolante e priva di spina dorsale.

Invece, a quanto si dice, questi due fenomeni verranno “rieducati”: dopo infinite riunioni, consigli di classe, riflessioni, webinar e progetti educativi assortiti, due giorni di sospensione. Due giorni di vacanza, cioè. Piuttosto, andranno compresi, assistiti, accompagnati nel loro percorso di crescita. E, alla fine, andrà bene se non passeranno, da bravi adulti consapevoli, dall’uso impunito di pistole ad aria compressa, ad altri usi e ad altre impunità.

Insomma, impareranno che non la si paga mai: che non viene mai il redde rationem, perché questa è la lezione della scuola italiana. Non ci volevano presidi e pedagogisti per chiarire il concetto: bastava ascoltare il parere di uno delle migliaia di delinquenti che emigrano nel nostro Paese da tutto il mondo, attratti proprio dall’impunità che, da noi, protegge chi sgarra. Sempre, comunque, a qualunque livello, a qualunque età, quale che sia il grado di istruzione dello sgarratore. Dunque, i due ragazzini saranno redarguiti, immaginiamo con quale durezza: li faranno ragionare sulla gravità del gesto. E loro, compunti, faranno sì sì con le loro testoline: diranno che hanno capito, che non lo faranno più.

E tutti, genitori, professori, psicologi, sorrideranno, benevoli e soddisfatti: tutti, compresa la professoressa, col suo bravo cerotto sull’occhio offeso. Magari, dall’altro, da quello sano, spunterà perfino una lacrimuccia di commozione. Così, mentre gli adulti si compiaceranno dei meravigliosi esiti dell’operazione educativa, il pistolero e il cineoperatore torneranno in classe, emendati e recuperati alla civiltà e al bene, sorridendo. Con magnifica, giovanile perfidia.

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