MISSING LETTA (E CON LUI LA SINISTRA)

Lo dicono e lo scrivono tutti, adesso che il nuovo governo in gonna è varato: il vero problema della Meloni sarà tenere a bada i presunti e sedicenti alleati, Berlusconi e Salvini. Nessuno però che dica e che scriva della più grande fortuna sul tavolo della Meloni: Enrico Letta. E’ sicuramente lui, almeno in questa fase, l’alleato più affidabile della premiera. Finchè resta alla guida del Pd, muovendosi a modo suo, il governo può dormire tranquillo senza bisogno di tranquillanti. Se la sognano tutti, in giro per le democrazie, un’opposizione del genere. Appena ufficializzati i risultati delle elezioni, il solerte Letta ha scelto il sostegno più leale alla Meloni: ha cercato il badilino, ha scavato la buca e si è sotterrato senza dare nell’occhio, levandosi completamente dalla circolazione. Sparito da tutti i radar. In campagna elettorale si era dato quell’aria aggressiva da braveheart, nel giro di una domenica si è dissolto nell’etere. Dagli occhi della tigre agli occhi del criceto. Quel poco che dovrebbe e potrebbe dire lui, lo lascia dire a Conte, ormai perfettamente travestito nel fresco lana del Che Guevara d’alto bordo.

Così, ogni giorno che passa il Pd lascia sulla strada il suo calo per cento nei sondaggi. Uscito piuttosto distante dal 20 per cento dalle elezioni vere, ormai si avvia spedito più verso il 15 che verso il 20. Basta lasciarlo lavorare ed Enrico può farcela. Se solo rompe il silenzio, uscendo dal suo stato di ologramma, magari anche solo per ricordare a tutti l’urgenza del Ddl Zan, o di una nuova patrimoniale (tempestiva, nella stagione dell’inflazione al 10 per cento e delle bollette farneticanti), se solo insomma si decide a riproporre i suoi cavalli di battaglia degli ultimi mesi, ogni traguardo è possibile. Persino lo scioglimento e l’estinzione.

D’altra parte, questa è una zona politica dell’arcipelago italiano che proprio non ce la fa a diventare una sinistra vera, seria, concreta. E’ una sinistra fondata sulla chiacchiera, sul fumo, e più ancora su un settarismo antico che proprio non muore mai. Quel settarismo per cui chi è dento la setta è buono e santo – e gode di privilegi – mentre chi è fuori non vale una sverza. Trogloditi tutti quanti, là fuori dal circolino dei migliori. Si chiama complesso di superiorità, anche se nessuno lo chiamerà mai così.

Eppure può essere dolorosa, per chi davvero la democrazia la sogna e la vive, questa evanescenza del leader. E della sua cerchia. E del suo cerchio magico. Riesce a dire cose più efficaci un La Russa in mezzo minuto sul marciapiede che un intero week-end di assemblea nazionale del Pd. Questo il vero imprinting di Letta e del lettismo. Di questa sinistra autoreferenziale e autolesionista.

Ma chi ha a cuore la democrazia non può accettare che una parte politica, una storia importante, venga demolita così. Nessuno che trovi da ridire su una sinistra italiana capace di gongolare e applaudire se una premier uscente (uscente…) svedese si permette di dichiararsi preoccupata per l’Italia? Su una sinistra che applaude gli spocchiosi francesi quando dicono “vigileremo” – come rottweiler, come tutori – sul rispetto dei diritti in Italia (ma chi siamo noi, l’Iran o l’Afghanistan?). Su una sinistra che manda avanti cantanti milionari, influencer milionari, stilisti (stilisti…) milionari, tutti in coro a strepitare per quanto si vergognano di questo Paese, solo perchè non governano i loro santi protettori? Su una sinistra che proprio non ce la fa a capire e accettare che comanda chi vince, ormai rammollita dall’abitudine di comandare senza vincere mai? Davvero è tutta qui la sinistra italiana? Davvero è tutto qui, oggi come oggi, essere di sinistra?

Mai come adesso servirebbe un leader forte, autorevole, deciso, capace di sbaraccare i piagnistei dei frignoni e di alzare la voce sulle questioni davvero centrali. E’ chiaramente l’identikit di un non-Letta, anche se è veramente impossibile immaginare a chi corrisponda. Provassero anche loro con una donna, magari. Se potesse servire, se non fosse pure lei frignona e inconcludente.

Da quelle parti, comunque, non sembrano preoccupati. Siamo più preoccupati noi, qui fuori, orfani di un’opposizione rassicurante, che faccia da vero contrappeso alla tracotanza del vincitore, e alle sue tentazioni monocratiche. Loro si sono presi una vacanza, rimandando tutto al congresso di primavera, come al solito più resa dei conti che congresso. Da qui ad allora, ingannano il tempo con gli hobby preferiti: intrighi di corte, inganni incrociati, veti e vendette.

Su tutto, con tante grazie della Meloni, lo sguardo stralunato e vitreo del capo. Sua assenza Enrico Letta, signore della fine.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *