QUELLA COPPETTA DA RISPARMIO ENERGETICO

Come per gli scaldabagno, perché è così che federazioni internazionali e paesane trattano ormai i calciatori, la parola d’ordine è “risparmio energetico”. In nome di questo ennesimo, discutibile aforisma giornalistico, bisogna dare atto però che da anni sono rimasti gli unici e gli ultimi – i giornalisti – a criticare, anzi contestare concezione e formula della Coppa Italia.
Peccato adesso aver coniato questa sgradevole espressione non convenzionale, il “risparmio energetico”, per definire lo spirito con cui gli allenatori mandano in campo le loro squadre per disputare la manifestazione. Avanti riserve, giovani e giovanissimi in nome di un calendario che non dà tregua, non dà respiro, non dà seconde chance. La Coppa Italia è uno dei tre titoli nazionali tra scudetto e Supercoppa, dà diritto all’accesso diretto in Europa League, eppure non suscita alcun prurito nei club se non – come al solito – ai tifosi che a Milano hanno gremito due volte San Siro per Inter-Bologna e Milan-Cagliari, 30.000 all’Olimpico per Roma-Cremonese, tutto esaurito a Bergamo per Atalanta-Sassuolo.

Sia chiaro che anche in passato i tecnici davano spazio, in queste gare, ai calciatori normalmente meno impiegati (oggi non si possono più chiamare né riserve né seconde linee, per lo sportivamente corretto per cui tutti devono sentirsi titolari, anche quelli che non giocano mai…) e che la cosa accade, magari in maniera meno massiccia, anche all’estero. Il punto, come si diceva, non sono le scelte che magari portano anche a belle sorprese come quei Simic, Jimenez, Traoré del Milan o rivelazioni come Bologna e Frosinone che vincono a Milano e Napoli: uno su mille ce la fa, eccetera. Il punto invece è che la Coppa Italia viene spolverata qua e là nella stagione, spesso in giorni feriali a orari lavorativi, qualche volta di sera o in tardo pomeriggio, magari a Milano o Bergamo dove notoriamente i problemi climatici possono essere più che rilevanti. E scoraggianti. Non è che Lega e Federazione tengano presente che il cambiamento delle stagioni sul pianeta ormai renda quasi irrilevante organizzare una partita ufficiale alle 21 del 2 gennaio a Milano o alle 15 di Ferragosto a Palermo, tutto può succedere. E’ che la partecipazione delle società e la distribuzione degli incontri è cervellotica.
Ormai ovunque, in Inghilterra da sempre, le coppe nazionali comprendono tutte le squadre professionistiche e semi professionistiche. Ormai dovunque le più deboli giocano in casa la sfida secca. In Italia resta ostinatamente, testardamente, ottusamente il contrario con una selezione estremamente più penalizzante. Le big compaiono solo agli ottavi. C’è un motivo, scriveva 3 anni fa Paolo Ziliani su “Il Foglio”, per cui l’ultima squadra “strana” che abbia vinto la Coppa Italia sia il Vado Ligure nel 1923. Temo però che, dati gli ascolti di questi giorni di risparmio energetico calcistico e la partecipazione dal vivo della gente, la battaglia continuerà ad essere combattuta solo ed esclusivamente dai giornalisti, appunto. Tanto che qualcuno potrà agitare il sospetto che lo si faccia perché la sera allo stadio abbiamo freddo e ci scavalli l’orario canonico della cena.
Non è così: la gran parte di noi ama il calcio, ma vaglielo a spiegare a dirigenti di Leghe, Federazioni, club… E ai tifosi che se ne fregano dei concetti e delle formule, si entusiasmano come una volta salvo che la loro squadra del cuore venga eliminata: allora sì che la Coppa Italia diventa all’istante una coppetta da due di briscola al bar.

Un pensiero su “QUELLA COPPETTA DA RISPARMIO ENERGETICO

  1. Michele Trombetta dice:

    Condivido e appoggio il Tuo pensiero Luca ,i padroni del vapore calcistico è proprio il caso di dire sono completamente nel pallone

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