QUANTE IMBOSCATE NELLA GIUNGLA DELLA PIZZA

È l’ultima (solo in ordine di tempo) frontiera della frode nel settore agroalimentare italiano e riguarda la pizza, ovvero il piatto più amato dagli italiani.

Il Comando dei Carabinieri per la tutela agroalimentare ha concluso poco tempo fa l’operazione “Margherita Terza”, svoltasi attraverso controlli condotti presso alcune tra le più note pizzerie presenti nel territorio italiano.

Le ispezioni hanno interessato esercizi di ristorazione nelle regioni Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Lazio e Campania, che hanno evidenziato numerose infrazioni riguardanti non solo la qualità dei prodotti impiegati, ma anche le irregolari attribuzioni di marchi di origine quali Dop, Igp, etc.

Ogni giorno in Italia vengono prodotte circa 8 milioni di pizze, nei 63mila locali presenti nel territorio.

Statisticamente, nel nostro Paese, due pizze su tre sono preparate con alimenti importati da Paesi esteri, anche lontanissimi. Non è raro imbattersi nel pomodoro cinese, nella mozzarella lituana o nell’olio tunisino.

Per sfornare queste pizze vengono utilizzati, durante tutto l’anno, 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro (dati Coldiretti).

La pizza è una, ma le sue declinazioni e forme sono tante: alta, sottile, al trancio, alla pala, gourmet.

Proprio queste ultime stanno vivendo un periodo di grande successo, trainate da una nuova generazione di pizzaioli che fanno della formazione, della ricerca e dell’uso di materie prime di eccellente qualità il loro credo.

La grande disponibilità di agrobiodiversità nel nostro Paese, accoppiata alle grandi tradizioni di produzione e lavorazione che rendono le materie prime prodotti trasformati assolutamente unici, hanno facilitato il percorso di questi eccellenti professionisti.

Quasi tutti partono dal grano locale, che una volta molito e impastato, viene accoppiato a ingredienti appartenenti allo straordinario patrimonio gastronomico della nostra penisola, che spesso si fregiano delle denominazioni di origine (Dop, Igp, Presidi vari, etc.), che ne aumentano certamente l’appeal.

Questi pizzaioli ‘’illuminati’’ riescono a realizzare pizze assolutamente innovative che includono una grande attenzione anche per le caratteristiche salutistiche e organolettiche.

È troppo semplice far passare il concetto di qualità eccellente di una pizza solo perché la si denomina “gourmet”. Questa denominazione è il risultato finale di una ricerca che parte dalla farina, prosegue con gli impasti, per finire alle farciture e agli abbinamenti.

Purtroppo, i tentativi di imitazione sono sempre dietro l’angolo e sono anche difficili da estirpare.

Il lodevole lavoro dei Carabinieri, incaricati della tutela agroambientale, dovrebbe essere completato da un ulteriore servizio all’utente, ovvero la pubblicazione dei nomi dei titolari degli esercizi che frodano i loro avventori e screditano un’intera categoria di professionisti esemplari.

È sacrosanto colpire chi non rispetta le regole, ma è anche vero che non si può lasciare nell’incertezza il pubblico dei consumatori che premia i pizzaioli onesti.

La pizza (anche gourmet) non si sporca: è patrimonio nazionale.

 

 

 

 

 

 

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