di CRISTIANO GATTI – Strano, con la povera Saman si usa molto poco il vocabolo del momento: femminicidio. E dire che se fosse possibile stilare una classifica macabra e disumana dei femminicidi, questo starebbe sicuramente in cima, tra i più spaventosi.
Così dovremmo intenderlo e giudicarlo, se vogliamo restare nel campo sempre più ristretto della vera civiltà. Nel femminicidio c’è immancabilmente un maschio che ammazza una femmina, imponendo la sua forza e la sua crudeltà, illudendosi di consolidare una sua inconscia superiorità.
In questo caso, c’è tutto. E molto di più: non un maschio solo, ma tutto un parentado convinto di dover applicare a qualunque costo la propria legge. Senza cedimenti e senza concessioni, perchè altrimenti diventa una debolezza e non esiste al mondo che un regime così ferreo lasci trapelare un benchè minimo segnale di indulgenza. Per una donna, poi.
Il resto, purtroppo, sarebbe da addebitare alla cultura – persino alla religione – di una certa provenienza. Ma in questo caso noi dobbiamo guardarci bene dal farci trascinare su questo terreno sdrucciolevole. Nessuno deve farsi convincere che si tratti di costumi e tradizioni diverse, talmente lontane da non poterci permettere un pesante giudizio morale.
Proprio a questo punto bisogna avere la forza ideale di dire che l’omicidio bestiale della tenera Saman, a mani nude, come usano i criminali più spietati, tale resta, un omicidio senza senso, in tutto e per tutto, e al diavolo il rispetto per la tradizione di quei luoghi che prevede il matrimonio imposto a una sedicenne con un uomo nemmeno mai visto.
Non ci sono sfumature, non ci sono ma se però che possano in qualche modo distinguere questo delitto da quello – ad esempio – del povero Giuseppe Di Matteo, il ragazzino strangolato da Brusca dopo due anni di prigionia e poi sciolto nell’acido. Siamo sullo stesso piano, nella barbarie più totale. Qualcosa che non ha nulla di umano e che come tale va giudicato dalla legge, altro che usi e costumi lontani, altro che rispetto e comprensione dei valori esotici. Prima di rispettare gli usi e i costumi, noi abbiamo il dovere etico di rispettare la vita, tralasciando tutte le subordinate e le sfumature dei singoli casi.
Purtroppo non possiamo fare più niente per salvare Saman. La nostra civiltà, i nostri valori di tolleranza e di accoglienza, tutto il nostro patrimonio di umanità progredita si ritrovano umiliati assieme a lei, come lei strangolati dall’ignoranza e dal fanatismo dell’oscurantismo d’altri secoli. Punto. Adesso ci resta una sola carta da giocare: andare a prendere questi boia senz’anima, ovunque si nascondano, e portarli in Corte d’assise per un equo processo. Chiarendo già da subito che equo non significa molle, fumoso, cervellotico, come spesso ci succede. Se una cosa possiamo ancora dedicare a Saman, è una giustizia vera, ferma, seria. Non la solita farsa del perdono gratuito e allegro alle belve più sanguinarie. Chi ha ucciso Saman a quel modo noi non lo mettiamo al muro, perchè siamo diversi, magari persino migliori: però un po’ di sana fermezza, questa volta, dobbiamo riscoprirla, da qualche parte. E’ un omaggio al martirio di Saman, che voleva semplicemente vivere la propria vita, senza far del male a nessuno, senza che nessuno la vivesse al posto suo.