NEL NOME DEL FIGLIO

di JOHNNY RONCALLI – Né giusto né sbagliato. È il titolo di un libro di Paul Collins, edizione italiana per Adelphi. La traduzione del titolo, come spesso accade dalle nostre parti non è esattamente fedele all’originale (Not even wrong….suonerebbe più o meno come Nemmeno sbagliato…). Per una volta, siccome torna utile, chiudo un occhio.

Paul Collins è uno scrittore americano, con un figlio autistico e il libro di cui sopra racconta il loro rapporto oltre che mille altre storie sul tema.

Su Raitre vedo comparire un altro padre con un figlio autistico, in una puntata della serie I dieci comandamenti di Domenico Iannicone. Il papà si chiama Vincenzo D’Aucelli, il figlio Giulio. Il papà, a sua volta autore di un libro (Amico mio, sono felice, Mondadori), qualche anno fa ha deciso di lasciare il lavoro, iscriversi all’università e conseguire una laurea in Scienze della Formazione con una tesi sull’autismo. E da allora è diventato il tutor del figlio, a scuola, a casa, nella vita.

Né giusto né sbagliato. Mi pare la formula migliore per evitare la trappola del giudizio. Conviene sottrarsi in tali casi, solo chi ha vissuto e vive giorni simili potrebbe osare. Ma i più non lo faranno. Perché le storie, di chiunque, autistico o no, sono uniche e se non calpestano, se rimangono umane, chi può dire cosa è giusto e cosa è sbagliato?

Conosco l’autismo da educatore, quindi da una angolazione ben diversa, e non sono genitore. Sono però figlio, come chiunque. Quello che ho visto non mi piace. Non perché il padre abbia apparentemente annullato la propria vita, credo anzi che abbia fatto quella scelta per necessità sua più che del figlio, ma perché credo che alla lunga il rischio sia quello di annullare la vita del figlio. Affiora la parola dipendenza. Ma non voglio andare oltre.

Quando al padre viene chiesto come vede il futuro del figlio, la risposta non c’è. Ma non voglio accampare giudizio, non c’è giudizio possibile. Non mi piace quello che ho visto, ma non c’è dritto o rovescio.

Né giusto né sbagliato. Le delusioni, gli insegnanti incompetenti e non curanti, dover produrre sempre il manuale di istruzioni, i sensi di colpa. E oltre. No, davvero non c’è nessun dritto e nessun rovescio, né in questa né in nessuna delle infinite altre storie simili. Ma mai uguali.

Solo, per finire, vorrei rivolgermi direttamente al papà di Giulio, pur con ammirazione e rispetto sinceri.

Le chiedo, se non è troppo dolore – e temo lo sia, infinito – di rivolgere ogni tanto il pensiero alle parole di uno dei suoi altri figli, quello che non è per nulla d’accordo con la sua scelta. Se anche non si cambia idea, i venti contrari aiutano a frenare impeti e a porsi misura.

Ma sopra tutto, caro Vincenzo, le chiedo di fare il possibile – in prima persona – perché la sua scelta non diventi un modello.

La sua scelta potrà forse esser giusta per voi, ma aiuti i genitori che incontrerà a capire che probabilmente sarebbe sbagliata per loro.

 

Un pensiero su “NEL NOME DEL FIGLIO

  1. Vincenzo dice:

    Non capisco quale sia stata la mia necessità a fare questa scelta.
    Io gli altri due figli non li ho né trascurato né abbandonato.
    Non ho risposto alla domanda quale sia il futuro di mio figlio perché lei sa quale sia il suo di futuro?
    Lei dice che non dà giudizio però dice a me di non consigliare agli altri la mia scelta. Infatti io non la faccio ma le chiedo chi avrebbe dovuto interessarsi di mio figlio? Chi lo avrebbe inserito nella società ?chi lo avrebbe fatto stare in classe con gli altri ragazzi chi lo avrebbe fatto partecipare a feste gite piscina cinema? Forse un educatore come lei ? No. Guardi mio figlio non è mai stato chiuso in un bugigattolo a scuola a no,n fare niente né in un centro ad intossicarsi di TV e non fare nulla. Mio figlio vive e vivrà finché io ci sarò.
    Un ultimo consiglio. Faccia un figlio e poi di vedrà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *