Però, va detto che ci sono anche tanti genitori che si dimostrano saggi e, anzi, più saggi di certi atteggiamenti scolastici. A me, per esempio, è capitato spessissimo, nei colloqui con i genitori, di trovare babbi e mamme che mi supplicavano, tra il serio e il faceto, di raddrizzare il pargolo a suon di pedate nel preterito. Dio ne scampi: domandare, sia pure scherzosamente, maggiore severità nell’educazione dei fanciulli, contraddice a qualunque regola della scuola contemporanea, che ci vuole accoglienti, tolleranti, accomodanti e, potendo, anche un tantino sonnolenti.
Invece, dalle famiglie, viene spesso la richiesta di un sano ritorno al bel tempo antico: quello in cui l’insegnante ti strapazzava e, poi, a casa, facevi i conti. Insomma, un tantino meno di facilismo, permissivismo, mammismo. Quante volte, nelle conversazioni con le famiglie dei miei studenti, si è arrivati a rimpiangere la naja come strumento definitivo nella formazione dei teneri virgulti: non immaginate quanto si rimpiangano quei dodici mesi!
Fatto sta che, come si diceva, qualche volta sono proprio i genitori a chiedere alla scuola maggior severità. So bene che c’è anche una miriade di famiglie in cui il somaro viene difeso a spada tratta, fino a procurargli qualche diagnosi taroccata di DSA, onde salvargli le terga in sede di scrutinio: esistono, tuttavia, persone ammodo, che sono più preoccupate della formazione del proprio figliolo che delle vacue statistiche curricolari o della promozione in sé e per sé.
E’ il caso, offertoci dalla cronaca recente, di una coppia trentina, che, davanti a qualche difficoltà palesata dal loro bambino alle elementari, hanno chiesto alla scuola di fargli ripetere l’anno, nonostante una promozione portata a casa, per permettergli una crescita più armonica e adatta ai suoi tempi d’apprendimento. E, una volta tanto, il TAR ha dato loro ragione: ovvero si è schierato dalla parte del buon senso e non della rigida burocrazia scolastichese. La cosa paradossale è che, quando a giugno i genitori avevano domandato di far ripetere l’anno al loro figlio, per le ragioni che ho detto, la scuola si è opposta: segno che, per la scuola, la non ammissione è soltanto a carattere punitivo, nonostante le chiacchiere sui valori dell’educazione e della crescita personale. Tutte balle: la scuola non vuole rogne e, per questo, promuoverebbe chiunque.
Tanto di cappello, perciò, per questi due genitori che, in barba alle fisime scolastiche, hanno chiesto e ottenuto che il loro bambino si prendesse tutto il tempo di crescere e di assimilare. E tanto di cappello anche ai giudici amministrativi, che riscattano, così, decine di sentenze al limite dell’aberrazione, tutte a favore di asini malmostosi che non accettavano la propria bocciatura.
Ma il percorso scolastico non è una corsa a tappe e non ha, come obbiettivo, una corona d’alloro: è la corsia di lancio per la vita, in cui si acquista velocità, fino ad entrare veramente in gara. E ognuno la percorre secondo i propri mezzi. In barba ad una scuola che vorrebbe tutti uguali e tutti ugualmente dopati. Salvo scoppiare alla prima autentica salita.