LETTERA AL MAESTRO

Caro maestro di qualunque ordine e grado, così dicevamo una volta della scuola. Caro maestro delle elementari e caro maestro che poi diventi professore. Caro insegnante, caro qualunque cosa voglia dire, ma che comunque resti un maestro, come usava dire nell’antichità dei Socrate e di quelli che accendevano nel giovane un fuoco, una luce, un se stesso compiuto e armonioso.

Si ricomincia con un altro anno di scuola e non faccio che sentire requiem su questa istituzione obsoleta e superata, che non sta al passo con i tempi, che i genitori vivono con fastidio e i loro figli con disgusto.

Qualunque cosa si dica, in mezzo resti tu, carissimo e insostituibile maestro. In mezzo a questo disfattismo arido e inconcludente, ci sei tu che ancora una volta ti chiudi la porta alle spalle e in quell’aula cominci la tua missione.

Come vedi, non ce la faccio a chiamarlo lavoro, tanto meno mestiere, ancora meno professione. Io non so dire se il tuo sia il più bello del mondo, se vogliamo considerarlo lavoro, ma sono sicuro al cento per cento che è il più importante. Sì, il maestro resta più importante persino del medico, perchè quello certo salva le vite, ma tu le scopri, le coltivi, le fai sbocciare. O tragicamente le rovini per sempre.

Non mi chiedo mai quanti maestri, di ogni ordine e grado, si rendano conto di questa importanza. Certe volte spero non se lo chieda nessuno, perchè davvero si rischia di restare schiacciati da tanta responsabilità. Eppure resta la semplice verità. Non esiste ruolo più strategico, sofisticato, decisivo del ruolo di un maestro. Tutti noi ne siamo testimoni. Tutti noi ci portiamo dietro per una vita intera il ricordo e l’immagine indelebili di chi ci ha cambiato, certo lasciandoci migliori rispetto all’inizio del primo incontro. E ugualmente portiamo dentro chi ci ha lasciato tracce e ferite insanabili, anche solo per non averci compresi, ascoltati, stimolati. O magari semplicemente per non averci visti, come fossimo trasparenti, lasciando nel nostro percorso solo tracce di totale indifferenza.

Anche stavolta, naturalmente, ricominceremo a sentire il coro fastidioso dei riformatori di scuole, gente che si alterna al potere e che come prima cosa annuncia un nuovo inizio, con tutte le sue idee geniali sul cambiamento radicale di un’istituzione allo stremo. Naturalmente, riusciranno ancora a peggiorare le cose, anche soltanto rendendole più complesse e macchinose.

Là dentro, in aula, oltre quella porta, per fortuna però ci sarai solo tu. Tu e loro, i nostri figli e i nostri nipoti. E lì ricomincerà la più affascinante delle sfide. Fare di quegli abbozzi di uomini, di quegli uomini in embrione, delle belle persone. E’ vero, dall’alto – ma anche da tante famiglie – ti chiedono di fare bravi tecnici, bravi geometri, bravi ragionieri, bravi periti informatici, tanti padri e tante madri vogliono il pezzo di carta senza troppe storie, ma questa resta l’opzione pietosa dei popoli senza speranza, che di fatto formano tanti perfetti servi, bravissimi a svolgere una mansione, eppure incapaci di accendere il cervello in proprio.

No, il vero maestro, il grande maestro, cresce magari un geometra meno pronto, un perito informatico un po’ più lento, però uomini e donne che scoprono il gusto di usare la propria testa, formandosi e informandosi, poi tirando in libertà le proprie conclusioni. Sì, di fatto il bravo maestro cresce i cittadini più odiati dai mediocri al potere, perchè sono quelli che usano la propria testa e mai più voterebbe certi mediocri.

La grande fortuna della nostra scuola è tutta racchiusa nella sua sfortuna: per quanto i mediocri che comandano possano inventarsi, niente possono fare per mettersi tra te e loro, tra il maestro e gli uomini di domani. Tutti i giorni, tutti voi maestri d’oggi avreste un buon alibi per non fare il vostro dovere, per disertare, per voltarvi dall’altra parte, li conosciamo gli alibi nazionali per non fare più nulla: il Paese allo sfascio, i politici incapaci, l’inflazione, la delinquenza, il disprezzo particolare contro la vostra categoria, eccetera eccetera. Eppure tantissimi di voi questo alibi non lo usano, preferendo ogni giorno tentare. Oltre quella porta, grazie al Cielo, restate soli e siete liberi di giocarvela a modo vostro, alla faccia dei programmi, delle circolari, della burocrazia sclerotica. E lì dentro tutto finalmente dipenderà da ciò che il maestro dirà (o non dirà), farà (o non farà), penserà (o non penserà).

Possiamo così lavorare di fantasia, noi genitori, noi dirigenti scolastici, noi ministri: ma alla fine le fortune dei nostri ragazzi restano inscindibilmente legate alla fortuna (o alla sfortuna) del maestro che incontreranno sulla loro strada. Possiamo iscrivere il figlio alla scuola più moderna, attrezzata, informatizzata del mondo, ma se alla cattedra c’è un imbecille niente e nessuno salverà i nostri ragazzi. Così come possiamo iscrivere la nostra creatura alla scuola più sfasciata, sbrecciata, cadente del mondo, ma se alla cattedra incappa in un grande maestro niente e nessuno ci convincerà a fare cambio.

Il maestro della scuola non è tutto, lo sappiamo. C’è la famiglia, ci sono gli ambienti sociali, c’è il mondo, che influenzano la maturazione degli uomini di domani. E neppure la sicurezza di avere un grande maestro può metterci al riparo dai fallimenti: Nerone, per dire, aveva Seneca come maestro, ma i risultati li conosciamo.

Tutto resta ipotetico e relativo, è un’altra delle cose che insegna il bravo maestro. Ma quant’è vero Iddio, un maestro può assaporare – lui solo – il miracolo della creazione, lavorando una materia grezza e sfornando un prodotto sublime, il miglior prodotto di qualunque creazione: uomini veri, uomini migliori. Uomini liberi e consapevoli.

Caro maestro, lo so che un Paese capace di coltivare questi sentimenti ti metterebbe al centro del suo sistema, coprendoti di riconoscenza, del cosiddetto prestigio sociale, magari anche di adeguati stipendi. Se così non è, abbiamo la perfetta dimostrazione di quanto arretrata e declinante sia questa nostra civiltà italiana. Eravamo la culla dell’umanesimo, dopo la Gracia antica, siamo qui a stabilire quanto sia buona la scuola in base ai computer che sistema nelle aule. O alle gite che organizza. O ai corsi di yoga che inserisce. O ai master chef che invita. O ai numeri dei promossi e dei bocciati. Nessuno più giudica la scuola dai cittadini che forma e che sforna, mandandoli nella società a seminare il bene e il giusto.

Ma nonostante tutto questo, se ci resta una speranza, questa speranza sei tu, caro maestro di ogni ordine e grado: ti affidiamo i nostri figli, ti affidiamo il futuro, ti affidiamo l’Italia che verrà, nella certezza che tu e tanti altri come te ce la metterete ancora tutta, non per soldi, non per successo, non per applausi, ma per il gusto e il piacere di combattere la battaglia più nobile. E magari, fra tanti anni, incontrare su un marciapiede qualsiasi un italiano brizzolato e rugoso che guardandovi improvvisamente accende uno sguardo radioso, si avvicina titubante, e alla fine trova la forza per dire le parole più belle: “Maestro, professore, ricorda? Sono Tal dei Tali, ero in 5a G, in 1a B, in 3a C, nell’anno tot: lei neppure lo sa, ma mi ha cambiato la vita. Quello che sono diventato, lo devo a lei. Ha acceso una luce che neppure sentivo di avere. Ha creduto in me più di quanto ci credessi io stesso. Passassero cent’anni, sarà sempre il maestro della mia vita. Posso dirle almeno grazie?”.

E’ vero che anche un aumento di stipendio ha la sua importanza. Ci sono ruoli che pagano bene, ma ce n’è uno che ripaga meglio di qualunque altro. E’ il suo, caro maestro. Non esiste cifra che possa quantificare il valore di un’eterna gratitudine.

Un pensiero su “LETTERA AL MAESTRO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *