LA VERA CRISI E’ QUELLA DI ROCCO

di GIORGIO GANDOLA – “Se andiamo al Senato lo asfaltiamo, com’è successo con Salvini”. È stata l’ultima carica di Rocco Casalino, detto Tarocco dai maligni e da “Dagospia”, il portavoce di Giuseppe Conte, messo lì a palazzo Chigi nell’ufficio accanto due anni e mezzo fa da Di Maio per controllare l’avvocato degli italiani. Fino al giorno prima il premier aveva insegnato all’Università di Firenze e non l’aveva votato nessuno, meglio trovargli un badante: la scelta cadde sull’ingegnere di Ceglie Messapica cresciuto alla scuola del Grande Fratello (NELLA FOTO, anno 2000).
“Se andiamo in Senato lo asfaltiamo”, avrebbe detto un paio di settimane fa ad amici del Movimento 5Stelle (che lo riferirono a “La Repubblica”) parlando di Matteo Renzi e mandando su tutte le furie l’uomo delle vendette atomiche. A nulla è valsa una “categorica smentita” come altre, buona solo per fare aleggiare ancora meglio la diceria. Poi in Senato è andata com’è andata.

Oggi, mentre Roberto Fico fa l’esploratore e Conte continua a cercare Responsabili anche in leasing, Rocco sta “come d’autunno sugli alberi le foglie” senza sapere cosa ci sia oltre l’orizzonte. Sono stati anni bellissimi, non vorrebbe che finissero, ma lo danno incupito, preoccupato, anche se ai cronisti dei giornali amici ripete: “Non mollo manco morto. E non mi dimetto solo perché lo chiede Renzi”.

Per la verità a turno lo hanno chiesto tutti, cominciando dagli alleati di oggi e opposizione di ieri, vale a dire il Pd che cercò di silurarlo nell’estate degli Stati Generali, un circo Medrano inventato da lui per far rifulgere la stella del premier fra gli stucchi e i velluti di Villa Pamphilj. Col senno del poi fu un mezzo disastro, una passerella surreale fra la prima e la seconda ondata di Covid, ma proprio in quel periodo Casalino diventò quello che è oggi. Non un addetto stampa ma molto di più: il Lothar di Mandrake, un sottosegretario alla presidenza senza essere passato dalle elezioni e senza giuramenti sulla Costituzione, un piccolo cardinal Richelieu che detta tempi e modi delle uscite pubbliche del premier in bilico. E corregge, blandisce, rettifica. È il Domenico Arcuri della parola. È Norman, il servo di scena che toglie le scarpe al capocomico in catalessi, ma quando è in teatro gli ricorda le battute e gli modella l’anima.

Una carriera folgorante per l’uomo immagine della scuderia di Lele Mora folgorato sulla via di Beppe Grillo. Nel curriculum aveva messo anche un master in business administration alla Shenandoah University di Winchester (Usa), ma fu smentito a stretto giro di posta dall’ateneo della Virginia. Che importa, la vita è davanti e bisogna correre per raggiungere gli obiettivi.

Oggi ne vanta uno decisivo: guadagna più del suo datore di lavoro, 169.000 euro contro i 114.000 del premier dimissionario. Poi dite pure che è un perdente.

Simpatico o antipatico? Dipende dalle notizie che ti spiffera. Di lui Cristina Plevani, la bresciana vincitrice dell’edizione del GF1, disse: “Nella casa del Grande Fratello mi diceva che non ero abbastanza intelligente per discutere con lui perché non ero laureata. E io pensavo: ma anche con la laurea, in teoria, puoi essere un cretino”.

I suoi inizi a palazzo Chigi furono disastrosi. Il giorno del crollo del ponte Morandi, ai cronisti che lo tempestavano di telefonate, rispose: “Piantatela di rompere, ho diritto anch’io a qualche giorno di ferie”.

Poi ha registrato il motore e ha imposto un nuovo stile, quello delle dirette Facebook senza interlocutori e delle conferenze stampa con le domande contingentate per proteggere il suo Re Sole. Lui sempre lì, a due metri, gambe larghe e braccia conserte come un bodyguard.

Ma il vero Metodo Casalino, il marchio di fabbrica, è un altro: dall’inizio della pandemia (gestita a colpi di Dpcm) la comunicazione è diventata una sequenza di fughe di notizie per testare la reazione della gente. Per vedere, come cantava Enzo Jannacci, l’effetto che fa. Una strategia spericolata diventata presto un boomerang.

Orgogliosamente gay, gran lavoratore, poco indulgente con se stesso e con i 30 ragazzi dello staff, a dicembre è stato protagonista della gaffe più eclatante. In missione in Libia per la liberazione dei 18 pescatori di Mazara del Vallo (e per il bacio della pantofola in mondovisione al generale Khalifa Haftar) ha mandato sugli smartphone dei giornalisti la geolocalizzazione dell’incontro rischiando l’incidente diplomatico. “Tutta colpa del telefonino”, giustificazione imbarazzante per un ingegnere.

Ora è appeso alle scelte altrui, quindi è preoccupato, ma tiene duro arroccato nel fortino. Gira un audio nel quale, a chi lo consiglia di cercarsi un nuovo lavoro, risponde: “Amore, ci sarà anche un Conte-ter”. A Renzi non l’hanno ancora fatto ascoltare.

 

Un pensiero su “LA VERA CRISI E’ QUELLA DI ROCCO

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Soprattutto nelle fredde sere d’inverno , si racconta che…
    “C’era una volta , tanto tempo fa, una signora Maestra chiamata Politica.
    Non era bella, non tutti la apprezzavano e le volevano bene , ma serviva a cercare di trovare soluzioni alle esigenze ed ai problemi della gente.
    I suoi allievi prediletti , che avevano il nomignolo di Politici, di solito non arricchivano con il lavoro che facevano. Molti si davano davvero da fare per quella cosa strana di nome Popolo. Se qualche Politico fregava la gente , lo faceva di nascosto e non se ne vantava pubblicamente.
    Quasi tutti quelli che volevano essere davvero come la signora Politica erano poi persone di una certa cultura , e per la gran parte avevano anche l’intelligenza tra le dotazioni di serie.
    Non un semplice optional, usato pochissimo anche quando parrebbe esserne un po’ forniti.
    Qualcuno, dopo il primo litro di grappa, sostiene che quella Maestra con il nome di Politica è ancora in attività. Viva e vegeta .
    Però è invecchiata proprio male.
    Bella non era nemmeno prima, figuriamoci con tanti anni sulle spalle.
    Dicono che sia Brutta Brutta , ed anche Sporca .
    Se sia anche Cattiva non si sa, ma di sicuro non è Buona.
    Aveva una reggia, ormai non ha più nemmeno una casa .
    Qualcuno, piangendo , dice che si è ridotta a stare in un piccolo casale tra i monti.
    In un Casalino.
    Povera Politica. “
    Ovviamente è una favola.
    Ma si eviti di raccontarla . Ai grandi ed ai piccini.
    Si correrebbe il rischio di incubi ricorrenti.
    Cordialmente.
    Fiorenzo Alessi

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