I MERAVIGLIOSI GIOCHI (DI PRESTIGIO) CINESI

di MARIO SCHIANI – Un entusiasmo contagioso. Se il gioco di parole è scontato e di cattivo gusto, perdonatemi: per una volta mi sembra necessario abbracciare la banalità e accantonare le belle maniere.

L’entusiasmo di cui sopra è quello manifestato dalla Cina nei confronti delle prossime Olimpiadi invernali che di svolgeranno a Pechino e che avranno inizio tra poco più un anno, il 4 febbraio 2022. Certo per placare le voci di crescenti voci di parte occidentale che spingono al boicottaggio – motivato dalle politiche repressive attuate nei confronti degli Uyghur nello Xinjiang e a Hong Kong -, le autorità cinesi non lesinano in superlativi e assicurano che tutti gli impianti sono già pronti. Sarà un “gioioso incontro su ghiaccio puro e neve” come stabilisce lo slogan ufficiale. Nessuna preoccupazione per il Covid-19, piccolo incidente di percorso sulla sempre più luminosa strada della Repubblica popolare: nel 2022 – questa è la convinzione – il virus sarà solo un ricordo lontano.

Tanto è vero che non è più neanche il caso di parlarne. Nel suo discorso al recente World Economic Forum, tenuto in modalità virtuale, il presidente cinese Xi Jinping non ha degnato il Coronavirus della benché minima attenzione, concentrandosi invece sui rapporti internazionali, in particolare con gli Stati Uniti guidati dalla nuova amministrazione Biden. Xi ha messo in guardia gli Usa contro il “pregiudizio ideologico” e l’“arroganza”. Sarebbe a dire: gli Stati Uniti devono smetterla con questa presunta superiorità morale della loro democrazia sul sistema a partito unico cinese. Diversi Paesi, diverse culture, ha sostenuto Xi, nessun sistema è meglio di un altro. Non è perché voi occidentali avete la democrazia che siete “superiori”. Anche un sistema di governo che non rispetta i diritti umani, ignora gli accordi che ha preso per Hong Kong e deporta i musulmani Uyghur può avere il suo bello. Per esempio, il maiale in agrodolce che si mangia quaggiù voi ve lo sognate.

In sostanza: fatevi gli affari vostri che noi ci facciamo i nostri e tutto andrà bene. L’alternativa è la guerra fredda, che potrebbe compromettere il vostro business così come il nostro. Quindi: negozi aperti e bocche chiuse. Nessuna tolleranza per certe “ingerenze negli affari interni”.

Il problema è che gli “affari interni” di Xi in Occidente si vengono a sapere, almeno quelli che riguardano Hong Kong. Solo nelle ultime ore la Cina ha annunciato che non riconoscerà più come ufficiali i passaporti Bno (British national overseas) che la Gran Bretagna ha concesso in passato ed è pronta a concedere di nuovo a molti cittadini dell’ex colonia che potrebbero presto cercare una via di fuga dal regime. Nel contempo, sono state annunciate in città nuove regole sulla registrazione delle carte Sim che non è difficile immaginare preludano a una limitazione della privacy nelle comunicazioni.

In tutto questo, l’Occidente vede le Olimpiadi come un’utile leva perché la Cina allenti la presa della repressione. In particolare, Australia e Gran Bretagna hanno alzato i toni, mentre si attende che l’amministrazione Biden manifesti chiaramente la propria linea in merito.

Anche l’Europa si sta facendo sentire, ma a spizzichi e bocconi: un Paese per volta, non spingete. Solo che la musica, da noi, è un po’ diversa, più conciliante.

L’ambasciatrice norvegese in Cina, per esempio, si è detta “convinta” del successo dei Giochi e ha pronosticato “grandi vittorie” per gli atleti di casa. Per forza: ad allenarli stanno provvedendo alcuni tecnici norvegesi in virtù di una “cooperazione sportiva” stretta tra i due Paesi. Se la Norvegia chiama, l’Italia risponde: spento il “feed” di notizie provenienti da Hong Kong e dallo Xinjiang, il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha voluto a sua volta stringere un bell’accordo internazionale. In occasione dei cinquant’anni delle relazioni diplomatiche italo-cinesi, i due Paesi hanno stabilito intese in vari campi, tra i quali la ricerca spaziale e, guarda caso, le Olimpiadi invernali. Promettendo sostegno per i Giochi del 2026, assegnati a Milano-Cortina, la Cina ha così scongiurato il rischio che il prossimo anno l’Italia possa schierarsi dalla parte del boicottaggio. Un fronte nel quale, ovviamente, brillerà per la sua assenza anche la Norvegia, che non è Stato membro dell’Unione europea ma è associata alla sua area economica. Ed ecco che l’unità dell’Europa, semmai è esistita, si è già sciolta (e il paragone stavolta è appropriato) come neve al sole

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