SIAMO DI NUOVO UN POPOLO DI NAVIGATORI

di TONY DAMASCELLI – Ne sentivo la mancanza. Del tempo delle vele. Luna Rossa era una canzone dolcissima cantata da Claudio Villa, detto il reuccio, lo segnalo ai contemporanei under 50.

Oggi Luna Rossa è un mostro con le ali, è il sogno fantascientifico di tutti quelli che sognano di andar per mare, la Prada cup come l’America’s Cup raduna fanatici della bolina, si va di strambate e di randa, lo skipper si chiama Max Sirena, ha la faccia da duro, le acque di Auckland sono la vasca da bagno dei sogni di mille appassionati e ci sta pure, ma il resto del popolo finge di scaldarsi per le regate, senza capire nulla ma assistendo ai disegni sullo schermo sembra di tornare ai favolosi giorni con il compasso su carta da disegno.

La vela è sport di pochi, concede fantasie e libertà, ma parlare di questa gara significa sentirsi a bordo dello scafo, abituati ai remi o ai pedali del pattìno e al materassino gonfiabile con raffigurazioni di coccodrilli e maxirane, molliamo gli ormeggi e ci travestiamo da Cino Ricci e, così, abbiamo la spudoratezza di spiegare al vicino, via telefono, che abbiamo ottime probabilità di vincere la prossima regata su quei pirla degli inglesi che chiamano la nostra vela Luna Calante, che spiritosi.

Dobbiamo batterli, dobbiamo andare in finale. Non sappiamo bene perché, per chi, per come. Stanno già tornando a raccontarci che siamo un popolo di marinari e di navigatori: a decenni alterni risalta fuori il mito. Mentre ad Auckland i nostri eroi spiegano le vele, qui qualcuno cerca di spiegarci che cosa siano le vele.

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