I COSTI INFUOCATI STANNO UCCIDENDO L’AGRICOLTURA

I prezzi delle materie prime, giunti ormai a livelli stratosferici, stanno provocando, tra gli altri, grandissimi problemi al comparto agricolo, già alle prese con atavici problemi strutturali, la cui soluzione è sempre di là da venire.

Rincari di sementi, mangimi, gasolio, bolletta energetica, imballaggi, trasporti, acqua, etc., nell’ordine del 25% – 50%, stanno mettendo a repentaglio, oltre al potere d’acquisto delle famiglie, anche la stessa sopravvivenza delle aziende agricole.

Questa impennata dei costi sta erodendo dalle fondamenta gran parte della redditività delle imprese agricole, già messa a dura prova da tutta una serie di calamità ed eventi atmosferici avversi.

Le più importanti associazioni di settore stanno lanciando, proprio in questi giorni, un preoccupato grido di allarme, mettendo in dubbio ormai la convenienza economica di certe attività, data per scontata fino a poco tempo fa.

Coldiretti Sicilia stima un rincaro dei costi di semina dai 350 euro ad ettaro della stagione passata, ai circa 600 di quest’anno. Un aumento esponenziale in termini assoluti e percentuali, che sta facendo meditare addirittura sull’opportunità di non seminare.

Non se la passa meglio il settore zootecnico, già duramente provato dalle ondate di freddo anomalo e dalle gelate dei mesi scorsi, che hanno seguito le temperature più che africane del periodo estivo: il rincaro del costo dei mangimi e dei foraggi sta mettendo in serio dubbio la prosecuzione stessa delle attività.

E di certo gli agricoltori non stanno beneficiando dell’aumento del prezzo di acquisto di derrate alimentari come il grano. Il gap tra il prezzo che veniva pagato in tempo di raccolta e quello odierno (0.30 €/kg, contro gli 0.50 attuali) è di pertinenza esclusiva di grossi commercianti e stoccatori.

Lo stato dell’arte non consente più di tergiversare, appare necessario un rapido reset dell’agenda politica, sempre che ancora in questo Paese l’agricoltura venga considerata, non dico un’attività primaria, ma almeno utile.

Occorrono programmazione e interventi rapidi che mitighino questa tempesta perfetta dell’aumento dei prezzi, che molti pronosticano di lunga durata.

Il rischio, molto serio, è quello di perdere aziende, costrette a vendere o a chiudere.

Ancor prima della crisi legata alla disponibilità di materie prime e al relativo incremento dei prezzi, molti proprietari di aziende agricole erano allettati dalla proposta di vendere o affittare le proprietà a grandi operatori del settore energetico per l’insediamento di mega impianti fotovoltaici.

Non vorremmo che, a questo punto, queste proposte venissero accolte dagli agricoltori come un evento salvifico.

Sarebbe un colpo ferale per un comparto indispensabile, per i lavoratori che vi operano, per le loro famiglie, per la nostra sovranità alimentare e per i benefici che apporta alla nostra bilancia commerciale con l’estero.

Non ce lo possiamo permettere, punto.

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