FELICE COME UN FINLANDESE

Perfino Ennio Flaiano, uno che di aforismi se ne intendeva, sul tema della felicità finì per essere vago, se non addirittura criptico. “La felicità – scrisse – consiste nel non desiderare ciò che si possiede”. Un arguto ribaltamento della formula esposta da Oscar Wilde secondo il quale “felicità non è avere tutto ciò che si desidera, ma desiderare ciò che si ha”. Noi, che non siamo né Flaiano né Wilde, davanti alla potenza e alla luce delle loro menti restiamo sbalorditi, ma onestamente non possiamo dire che, grazie a loro, abbiamo appreso qualcosa di certo sulla natura della felicità.

“Desiderare ciò che si ha”, tra l’altro, è un po’ un assurdo, perché se si possiede qualcosa non si è neppure tecnicamente in grado di desiderarlo. Più semplicemente, bisognerebbe dire: “Accontentatevi e sarete felici”.

Sarà dunque questo atteggiamento, che diremmo sobrio e ragionevole, a mantenere da sei anni consecutivi la Finlandia sul piedistallo più alto del Global Happiness Index, l’Indice Globale della Felicità, mentre noi italiani non riusciamo a far meglio di un modesto 33° posto? Perché la Finlandia è così felice? Perché Danimarca e Islanda, i Paesi che la tallonano in classifica, sono piene di gente soddisfatta? Qualcosa a che vedere con il freddo che, insieme alla carne e alla verdura, conserva a lungo anche la felicità? Oppure – cosa più probabile – il motivo è un altro e nulla ha a che vedere con la temperatura?

Per rispondere, bisogna innanzitutto fare un po’ le pulci alla ricerca che prelude alla compilazione della classifica. Vengono intervistate centomila persone in 137 Paesi: a ognuno degli interpellati viene chiesto di dare un voto da 1 a 10 alla propria vita. Contano poi fattori come il Pil, il sostegno sociale garantito nei singoli Paesi, l’aspettativa di vita, il tasso di corruzione e altro ancora.

Non è difficile ammettere che la Finlandia possa batterci in parecchie categorie, specie se legate all’efficienza dell’apparato statale e burocratico, eppure ciò non basta a spiegare la ragione per cui tanti finlandesi sono disposti a dare alla propria vita un voto molto alto. Noi italiani, se ci pensiamo bene, avremmo parecchie chance per compensare le lacune che ci fanno perdere terreno rispetto alla Finlandia, non ultima quella di non vivere in Finlandia ma in Italia. Perdonate l’attacco di sciovinismo, ma se, ogni anno, in Italia arrivano oltre 400 milioni di turisti e in Finlandia più o meno 10 (sempre milioni, intendiamoci) una ragione ci sarà.

Forse, più che di una classifica della “felicità” bisognerebbe parlare di “graduatoria mondiale della soddisfazione”. Un sentimento, quest’ultimo, più equilibrato e modesto rispetto alla felicità, ma proprio per questo più duraturo.

Fatta la tara del fatto che sul tasso di corruzione i finlandesi sicuramente vincono facile, la differenza sta nel fatto che loro si accontentano e noi no, che loro accolgono la soddisfazione delle loro vite ben protette da pericoli sociali e incertezze economiche e politiche (nonostante la presenza di un vicino scomodo come la Russia di Putin) attribuendole il valore di felicità.

Noi, a questo punto, abituati come siamo a urlare che non era rigore, potremmo contestare il verdetto dicendo che soddisfazione non è felicità, che la felicità è qualcosa di più alto e vigoroso, come un fulmine di energia che ti coglie e subito ti lascia, la meraviglia di una stella cadente colta nel cielo di una notte d’estate. Alla fine, però, dovremo pur ammettere che non sappiamo che cosa sia di preciso questa felicità cosmica e superiore, quasi divina, e che i finlandesi, nel loro modo modesto e contenuto, non hanno tutti i torti a tenersi stretta la soddisfazione, una coperta utilissima per affrontare il loro lungo inverno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *