E QUESTO SAREBBE CALCIO

di LUCA SERAFINI – Io ce l’ho nel sangue, il pallone. Lo rincorrevo all’oratorio da bambino, ho supplicato uno zio perché mi portasse a San Siro la prima volta, ci ho giocato stanco e sovrappeso fino a pochi anni fa, fino a quando ginocchia, legamenti, caviglia mi hanno lasciato da solo con un joystick che manovro goffo e nervoso, come se stessi pilotando un Piper in avaria. Mi fermo ipnotizzato a guardare i bambini ai giardinetti.

In questo sabato 16 maggio, in crisi di astinenza, avrei visto volentieri persino una partita di campionato della Tonga Football League (mi ha detto il mio amico e collega Carlo Pellegatti che esiste davvero, in Polinesia).

Allora ecco perchè alle 15.25, in piena catarsi fantozziana, ero pronto sul divano con frittata di cipolle, birra e rutto libero. Ho mandato sms agli amici: “Filini, anche lei davanti alla tv?”.  L’evento era la ripresa della Bundesliga. Dai, non ridete: sì, il campionato tedesco. C’era Borussia Dortmund- Schalke 04 in cartello, insieme ad altre partite su diretta gol e un paio alle 18.30. Partite a porte chiuse, i panchinari sparsi qua e là, gli assistenti allenatori con la mascherina, contrasti pochi e frenatissimi. Distanze, credo più o meno inconsapevolmente, come nella fossa di un biliardino. Il calcio balilla insomma. Pubblico, zero.

Ovviamente. Una malinconia… Sembravano quattro allenamenti contemporanei su diversi campi privati, vietato l’accesso agli estranei.

Qualche gol, esultanze misurate e da lontano (per lo più gomito contro gomito), arbitri buonisti: quando andavano a consultare il Var, sembrava andassero a bere un tè.

Mi gioco l’aggettivo “surreale”, abbiate pietà o almeno tenerezza per questo. Vi supplico. Alle 17.15, finita la prima tornata di partite, nessun sms e nessuna emozione. Nessuna. Il che non ha affatto escluso che abbia visto anche le due partite delle 18.30.

In quell’oretta di intervallo, con un caffè, guardando fuori dalla finestra il cielo plumbeo e sinistro, ho sentito la voce di un amico il cui motto è: “Piutòst che gnent, l’è mei piutòst”. Piuttosto di niente, è meglio piuttosto. C’è il pallone, ci sono 22 che gli corrono appresso, c’è un arbitro, ci sono tiri e gol. Non granché, ma sempre meglio della Tonga Football League (forse). Sarà così per molto tempo, prima o poi – dopo la Germania – anche noi e tutti gli altri.

E’ un primo, piccolo passo verso la vita che era… Voglio farmelo bastare, e non faccio fatica. Non è calcio, ma è un pallone che rotola mestamente verso la normalità. Ancora così lontana.

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