COME LINGUAGGIO, MINISTRO DELLA DISTRUZIONE

di TONY DAMASCELLI – Male la prima per Bianchi Patrizio. Il nuovo ministro dell’Istruzione si è presentato ai microfoni distanziati della stampa con rarissime ma emblematiche parole che spiegano il passato, il presente e il futuro.

Alla domanda su quando fosse venuto a conoscenza della scelta di Draghi sul suo nome, Bianchi ha replicato in un misto salama da sugo ferrarese e spago all’amatriciana: “L’ho imparato ieri sera”.

E per rinsaldare il concetto, ha aggiunto e concluso: “Speriamo che faremo bene”.

Marcello D’Orta ci ha lasciati nel duemila e tredici, ma l’eredità del suo “Io speriamo che me la cavo” ha trovato successori istituzionali di fresca nomina.

Bianchi Patrizio è docente universitario, già rettore a Ferrara, di cultura e studi è un valido economista. Di questo la scuola italiana ha dunque bisogno, nell’anniversario dantesco meglio tenersi a distanza sociale da Ciacco e Pia de’ Tolomei, preferibile buttarsi su Keynes e Taylor, un umanista nemmeno stavolta, lingua e letteratura sono roba che puzza di stantio, moneta e finanza profumano d’immenso.

La svolta nel nuovo governo prosegue sulla traiettoria di una scuola che insegna la matematica e trascura l’italiano, Steve Jobs e Bill Gates battono Giacomo Devoto e Giancarlo Oli.

Andiamo avanti così e, come ci ricorda il nuovo ministro, speriamo che ce la faremo. In caso avverso, fiat lux, faccia lui.

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