CIN CIN, BEVIAMOCI FLUT DI BUONSENSO

Hanno estro, i francesi, ma questa idea non è loro: il “dry january”, gennaio senza alcol, è nato una decina di anni fa in Gran Bretagna.

Normale, sottolineano i produttori transalpini: un mese da astemi risulta terapeutico per quegli ubriaconi nordeuropei, non per il nostro popolo il quale – nonostante sia il secondo consumatore di vino del mondo dopo gli Stati Uniti – beve notoriamente con moderazione (dieci bicchieri la settimana in media, pare). Balle, replicano medici e anti etilici in generale: 42.000 decessi l’anno in Francia sarebbero causati dal bere, cosa che i genitori non vietano nemmeno ai figli minorenni durante le feste natalizie.

Un grande dilemma, un enorme problema, una gran bella polemica per chiudere il 2023 e per iniziare il 2024. Da una parte gli accademici, 45 dei quali hanno scritto una lettera infuocata al Ministero della Sanità colpevole di non appoggiare la campagna di sobrietà. Dall’altra, appunto, il Governo, perché si dà il caso che Macron sia considerato il maggior bevitore tra i presidenti del Dopoguerra: un bicchiere a pasto ogni giorno, senza eccezioni. Un anno fa Macron perse la sua prima battaglia, costretto a far ritirare uno spot governativo in cui alcune persone brindavano augurandosi “Santé”, salute: capite bene come sia incompatibile augurare “salute!” appena prima di tracannare un flut di bollicine…

A capo dei professori universitari che si occupano di dipendenze c’è tale Olivier Cottencin che accusa lo Stato di sostenere ogni mese di novembre la campagna di astinenza dal tabacco (peraltro in calo verticale da 20 anni, in Francia), ma non quella di rinuncia all’alcol in dicembre.

Chissà, forse sarà anche perché parliamo di un’industria che occupa circa 500.000 francesi, replica – sottovoce – Macron, in barba a un sondaggio condotto dal quotidiano inglese (!) “The Guardian” secondo il quale almeno il 60% dei francesi sarebbero disposti ad affrontare un mese di stenti alcolici.

“La popolarità dell’iniziativa”, scrive il “Corriere della Sera” (alla stampa francese sembra che il tema proprio non interessi più di tanto) “dovrebbe indurre i politici ad essere meno timorosi nel sostenerla”. Per propaganda, insomma. E però secondo gli accademici e i salutisti francesi, il Governo è troppo legato alla lobby dei produttori per scontentarli.

Lobby? Un’industria seconda al mondo solo all’Italia, con circa 47 milioni di ettolitri imbottigliati ogni anno? Lobby? Un mercato da 15 miliardi e mezzo l’anno (dati 2021) provenienti dall’esportazione di vini e alcolici?

Poiché, come diceva Hemingway, bisognerebbe scrivere da ubriachi e correggere da sobri, cimentiamoci nella seconda parte dell’aforisma: correggere. Per dipanare la complicata matassa che arrovella i pensieri dei nostri vicini di casa (e primi concorrenti, appunto, in materia di calici) bisognerebbe iniziare dai distinguo. Il problema è il bicchiere di vino o la dipendenza? Credo non si debba essere né cattedratici né politici per immaginare che a non bere per un mese siano disposte le persone normali ed equilibrate (sono davvero il 60% della popolazione…?), certamente non gli alcolizzati ai quali, più che le campagne, com’è noto servono percorsi specifici.

Cinicamente, il “dry january” francese fa fregare le mani agli italiani, che per 31 giorni si sbarazzano di una bella fetta di concorrenza, ma in nome della fraternité restiamo serenamente a guardarli senza approfittarne, per vedere come andrà a finire: noi brindiamo eccome, a mezzanotte, formulando i nostri buoni propositi, tra cui inserire la moderazione nei vizi e l’abbondanza nelle virtù. E’ infatti al buonsenso, che non bisognerebbe rinunciare mai. Cin cin: buon 2024 di cuore a tutti i lettori di @ltroPensiero.net

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *