CHI SI FIDA DEL CIBO OGM

Nei giorni scorsi la Procura argentina ha raccomandato la sospensione della risoluzione dell’ottobre 2020, che autorizzava la semina e la commercializzazione del grano HB4, il grano transgenico sviluppato dalla società Bioceres e attualmente in attesa di approvazione in Brasile, principale importatore di grano dell’Argentina, segnalando la completa assenza di analisi sull’impatto ambientale che questo grano OGM ha sulla salute delle persone e sull’ambiente.

Il grano transgenico HB4 è stato “progettato” per resistere alla siccità.

Per raggiungere quest’obiettivo è stato inserito un gene che lo rende resistente al glufosinato di ammonio, un pesticida potenzialmente più tossico e cancerogeno del glifosato, formulato tristemente famosi per i suoi effetti nocivi sulla salute e per il sospetto (ormai fondato) di essere cancerogeno.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’assunzione giornaliera consentita di glifosato per il consumo umano è di 0,3 mg per chilogrammo corporeo, soglia che per il glufosinato ammonio si abbassa a 0,02 mg, a causa della sua superiore tossicità rispetto al glifosato.

Il dibattito sull’utilizzo di colture OGM è sempre acceso in seno all’opinione pubblica e alla comunità scientifica. Ricordiamo che la coltivazione delle colture transgeniche in Italia è vietata: è di pochi giorni fa la notizia della sentenza che ha ordinato la distruzione di alcuni appezzamenti coltivati a mais, che un agricoltore friulano si ostina a coltivare in barba alla legislazione nazionale.

Sostanzialmente si scontrano due fazioni: la prima ritiene che il futuro, scontato, incremento della popolazione mondiale paleserà un’insufficienza del cibo disponibile, accentuato dai nefasti effetti dei cambiamenti climatici. Questo schieramento comprende scienziati impegnati nella ricerca ma soprattutto le grandi multinazionali che controllano il mercato dei semi e degli altri mezzi di produzione agricoli (fitofarmaci, erbicidi, concimi chimici, etc.).

Mi convincono di più le motivazioni della fazione contrapposta, che ritiene gli OGM un veicolo per incrementare la vendita di prodotti di sintesi, soprattutto erbicidi, tollerati da queste colture, con le conseguenti ripercussioni sulla salute umana derivanti dall’accumulo di sostanze tossiche nel nostro organismo. La diffusione di colture OGM è anche nociva per l’intera catena alimentare, perché potenziale veicolo per alterare l’equilibrio degli impollinatori naturali.

Mi sorge inoltre il sospetto che la siccità, ovvero uno degli effetti più frequenti dei cambiamenti climatici, venga utilizzato per introdurre una tecnologia i cui effetti positivi sono tutti da dimostrare. Inserire uno o pochi geni nel corredo cromosomico di una coltura, non implica automaticamente un aumento della resistenza all’aridità, essendo questa una caratteristica determinata dall’azione combinata di un intero pool genico.

Le fortissime riserve che in tanti nutrono sull’utilizzo delle colture OGM si rifanno, come dichiarato dalla Corte Argentina, al principio di precauzione: nessuno, ad oggi, può dimostrare che queste colture non siano nocive per la nostra salute.

In assenza di questa certezza è opportuno che venga implementata la ricerca scientifica (imparziale) che si occupi di stabilire pro e contro di queste nuove biotecnologie.

Di contro, proprio in questi giorni, è stata pubblicata, da un pool di ricercatori italiani, sulla rivista scientifica “Digestive and Liver Disease”, una ricerca dal titolo “WHOLE-meal ancient wheat-based diet: Effect on metabolic parameters and microbiota”, che dimostra ancora una volta gli effetti benefici derivanti da una dieta comprendente farine integrali di grani antichi.

L’alimentazione a base di prodotti realizzati con queste farine ha segnalato una significativa riduzione del contenuto di ferritina, creatinina, colesterolo totale, colesterolo LDL e HDL e acido folico.

Ma ancora più importanti si sono rivelati gli effetti positivi sulla capacità del microbioma intestinale di metabolizzare i carboidrati, aumentandone l’efficienza e la funzionalità.

I detrattori dei grani antichi obietteranno che le basse rese di questi ultimi non consentono un adeguato approvvigionamento di cibo per la popolazione mondiale: ne siamo coscienti, ma sappiamo che si può e si deve programmare un serio programma di miglioramento genetico partendo da quello che la natura ci ha già fornito.

I grani antichi, anche da questo punto di vista, sono un serbatoio inesauribile.

Senza contare che le pratiche di miglioramento genetico, sempre più diffuse, che si legano alla tecnica del miglioramento genetico partecipativo ed evolutivo, portate in Italia dal professor Ceccarelli, rappresentano più di una speranza per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici ed assicurare una stabilità per la sicurezza alimentare.

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