A SCUOLA DI PANE

Quante volte l’abbiamo rilevato: uno dei principali problemi che riguarda il sistema produttivo del nostro Paese è legato alla disattenzione con cui viene trattato il settore agricolo.

La convinzione che tutto ciò che ci serve per soddisfare i fabbisogni alimentari si trovi negli scaffali dei supermercati ha relegato il mondo dell’agricoltura in una posizione di retrovia.

Il Covid prima e la guerra in Ucraina poi hanno in parte restituito una posizione di centralità al problema dell’approvvigionamento alimentare, facendo risuonare più frequentemente le espressioni “sicurezza” e “sovranità alimentare”.

L’incertezza di poter disporre di beni di prima necessità e l’impennata repentina e inarrestabile dei prezzi di questi prodotti ha costretto tutti noi a ripensare al nostro modello alimentare.

Ma il principio cardine che regola e domina la nostra sicurezza alimentare non trova ancora il giusto spazio sia nell’agenda politica che nel calderone dei principali mezzi di informazione: la figura dell’agricoltore viene ancora collocata in una dimensione accessoria, ai margini della vita sociale.

Quanti di noi hanno contezza dell’importanza fondamentale di questi soggetti?

Pochissimi, quasi nessuno.

L’agricoltore è una figura ancora discriminata, relegata ai margini del mondo della comunicazione e di conseguenza poco considerata in termini di approdo sociale, prova ne sia che nessuno immagina per i propri figli un futuro professionale nel settore agricolo.

Ma ciò che colpisce ulteriormente è la scarsa consapevolezza che viene indotta nei più giovani rispetto a come e perché un cibo si trova nelle nostre tavole.

Un sondaggio europeo di alcuni anni fa evidenziava che i bambini interpellati pensavano che l’agricoltore fosse un nonno indaffarato, amichevole e altruista, che le arance, le olive e le banane crescessero nel Regno Unito, le pesche in Finlandia, che il cotone provenisse dalle pecore, che il pollo avesse quattro cosce, che lo zucchero non si sapesse dove venisse prodotto, che le more fossero delle caramelle, che l’orto stesse nel supermercato.

Un disastro.

È impellente e necessario ri-portare nelle aule scolastiche la conoscenza della realtà del mondo agricolo e rurale, per colmare le lacune che hanno i nostri figli sul lavoro dell’agricoltore, sulle colture, sugli allevamenti e sul valore nutritivo dei prodotti agroalimentari.

In questo contesto si inserisce perfettamente l’iniziativa che impegnerà oltre 1000 bambini della provincia di Milano nella semina collettiva del grano, nell’ambito del progetto “Making Madre Project”.

Un patto educativo per “la valle del pane di Milano”, realizzato da Terzo Paesaggio, con il contributo di Fondazione di Comunità Milano.

Il progetto ha al centro il pane come strumento di rigenerazione del territorio e ha l’obiettivo di trasmettere le competenze sulla filiera tra semina in campo, raccolto, trasformazione e socialità.

Il percorso didattico dedicato al pane è articolato in tre momenti nell’anno scolastico con l’obiettivo di creare un ponte tra scuole e territori, quartieri e città.

Tra i protagonisti dell’iniziativa, per la parte scientifico-didattica, è prevista la partecipazione del professor Salvatore Ceccarelli e della dottoressa Stefania Grando, genetisti di fama mondiale, da sempre impegnati nella promozione della biodiversità e dell’agricoltura sostenibile.

E’ sicuramente il modo giusto per iniziare un percorso il cui approdo finale deve essere il riconoscimento sociale dovuto ai contadini, senza il quale è impossibile immaginare un ritorno dei giovani all’agricoltura (ctz. Corrado Assenza).

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