VOGLIO RICORDARMI SOLO IL SUPERSILVIO DI MILAN E TV

Parlo di Silvio Berlusconi presidente di Fininvest, dove ho lavorato per quasi 30 anni, e del Milan. In entrambi i ruoli, un visionario, avanti anni luce rispetto all’elefantiaco mondo della televisione e del calcio. Al di là dei numeri, il dato più importante è che nei decenni della sua imprenditoria tra antenne e palloni non ha mai licenziato nessuno.

Da editore rinnovava i contratti nazionali internamente, sceglieva uomini e mansioni con analisi e lungimiranza inarrivabili. Ascoltava tutti per davvero, per poi decidere da solo. Circondato da dirigenti capaci, preparati, disposti a seguirne le utopie a Cologno Monzese come a Milanello.

Il mio ricordo personale più nitido, tra i moltissimi, è il giorno della presentazione della squadra che arrivò all’Arena in elicottero. Dopo il pranzo ad Arcore con Nils Liedholm e tutti i giocatori, partiti nel frattempo per il ritiro estivo di Vipiteno, Berlusconi radunò tutti i giornalisti nel parco di Villa San Martino. Non eravamo più di una ventina, allora c’erano Rai, Mediaset e le testate nazionali più importanti. Io ero con Maurizio Mosca, che mi dirigeva al mensile “SuperGol”. Silvio si sedette al centro e iniziò a parlare di stadi tutti coperti e con i posti numerati, della Borsa, delle sue idee di calcio e dei progetti imprenditoriali. Si era tolto la giacca e aveva rimboccato le maniche della camicia. Facemmo sera.

L’altro grande ricordo è legato alla notte di Barcellona dopo la prima finale di Coppa Campioni, 4-0 alla Steaua. Io e Marco Francioso, veterano della redazione di SportMediaset, dovevamo intervistarlo per Canale 5 e Italia 1. Aspettammo fin dopo la cena e la festa, erano circa le 4 del mattino. La precedenza l’aveva Marco, che gli fece la prima domanda, poi io la seconda. Non ci fu bisogno della terza, perché Berlusconi parlò per quasi trequarti d’ora.

In questa chiave, sotto questa luce, il racconto e le testimonianze dirette, personali, sono quelle relative all’editore, al presidente che tutti vorrebbero avere. Soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, si respiravano entusiasmo, innovazione, strategie condivise, grazie anche a uomini che conoscevano la televisione e il calcio come nessuno. Amava dare i titoli alle trasmissioni: “La fabbrica dei gol” a Tele+2, “Guida al campionato”, “Calciomania”, “Pressing” su Italia 1 erano farina del suo sacco.

Vero è che il distacco dal Milan non fu pari ai 25 anni di gloria che lui e il suo gruppo hanno regalato al club rossonero: un impoverimento tecnico, strategico, gestionale disarmante che ha portato a uno sfascio vero e proprio, fino al closing farsesco con un cinese in infradito prima dell’epoca Elliot. Si poteva uscire di scena con gli applausi, che si sono fermati invece al 2013, dopo un’epopea comunque irripetibile.

La storia valuterà l’uomo e il politico che ha segnato oltre mezzo secolo di vita di questo Paese, nel bene e nel male. Storia condizionata da fazioni e ideologie, ma oggettivamente anche dalle contorversie in cui Berlusconi si è ficcato da solo. Per quanto riguarda il calcio e la televisione – fin che se n’è occupato in prima persona – è stata senz’altro una figura innovativa e straordinaria. Irripetibile, appunto: due campi in cui le luci hanno sopraffatto le ombre.

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