NESSUNO DIMENTICHI FRANCESCO NUTI

Addio Francesco Nuti, ne hai combinata un’altra delle tue. Sei riuscito anche a morire nel giorno sbagliato.

Non che sarebbe cambiato molto, a nessuno importava di te, da tempo, anche se poi scopri che tutti ti amano o ti hanno amato una volta sotto terra.

L’amore è anche sollievo direbbe il poeta, il sollievo per te, finalmente libero di volare via da quel corpo martoriato e indecente, a ovest di Paperino, a Casablanca, in una sala da biliardo o magari in Paradiso, che in fondo ha tutte le colpe come recitava il titolo di un tuo film. Il sollievo di chi ti voleva bene, di chi ti sapeva tormentato, afflitto, sfinito. Anche il sollievo di chi non si ricordava di te, di chi ora può dare una sfiatata al proprio ego da prefica, di chi non può mancare, di chi ti sapeva malconcio ma non voleva disturbarti, vuoi mai che un saluto strappasse un sorriso a quelle labbra straziate.

Ci ha pensato il tristo mietitore a mettere in pace te e loro, e pazienza, così van le cose, come le onde, come la ruota, come tutto.

Sono veramente triste però, anche se so che ora sei finalmente diventato nuvola e leggero come non ricordavi si potesse essere. Sono triste perché mi faceva arrabbiare che ti avessero dimenticato, e sono triste anche perché nemmeno al calar del sipario sei riuscito a guadagnarti qualche cappello levato.

Mi hai fatto ridere, anzi no, sorridere sotto i baffi quando ancora forse non li avevo. Eri di un’altra terra, di un altro umorismo, quello toscano, eppure mi facevi ridere, asciutto e distaccato, mai volgare e sempre un filo malinconico. Un filo o due.

Quella fossetta in mezzo al mento, quella passione per il biliardo che riuscì a portare sullo schermo lo Scuro, quel filosofare terra terra che rendeva facile esser lì vicino a te, quando mandavi in buca quella palla e quando restavi solo a farti una ragione dell’amore che c’è e non c’è o della sveglia che comunque ti avrebbe rimesso in pista il giorno dopo.

Poi un giorno è successa quella cosa, quella caduta dalle scale e tutto è precipitato. Il mondo già ti stava dimenticando, ma si sa, la lingua batte dove il dente duole, non c’è modo di fermare la malasorte. Per quel che è durato, è stato bello, chi ti ha conosciuto ha conservato un ricordo che non ha messo le rughe. Il tuo è un cinema indubbiamente invecchiato, uno di quelli che nessuno si sognerebbe più di fare e tantomeno finanziare, ma per chi ha sorriso e si è riconosciuto nel tuo cinema non è certo un problema. Un po’ come indossare un abito fuori tempo massimo o sedersi a un tavolino di un bar lontano dalla movida, immaginando che nel retro, di fianco al biliardo, qualcuno stia mettendo il gesso alla stecca.

Madonna che silenzio c’è stasera, vorrei dirti, anche se non è vero. C’è silenzio, almeno un po’, dentro chi ti ha voluto bene e dentro chi ti ricorda e ha sorriso delle tue trovate, delle tue delusioni, delle tue dolci, amare battute.

C’è silenzio, ma io mi voglio immaginare vicino a te mentre insieme intoniamo quella canzone, com’era, “puppe a pera, tu c’hai le puppe a pera…”. Un po’ sguaiati, certo poco corretti per i tempi che corrono, ma chi se ne importa?

Ciao Francesco, grazie.

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