E come li ritroveranno? Lei cadavere e lui sotto shock? Entrambi cadaveri perché lui prima ha ucciso lei e poi ha deciso di farla finita?
O domani, giorno previsto per la laurea di Giulia Cecchettin, si presenteranno entrambi all’università di Padova e diranno che era tutto uno scherzo?
Quanto mi piacerebbe che fosse così. Prima li prenderei a sberle entrambi e poi li abbraccerei e gli farei giurare di non fare mai più una cosa del genere perché non ha riso proprio nessuno.
Mi piacerebbe.
Ma i timori sono altri. I timori sono quelli di ogni mamma e papà di figlio adolescente. Perché l’ansia indicibile dei Cecchettin e anche dei Turetta, i genitori di Filippo, è l’ansia di un’intera nazione.
Segnatamente quella di tutti i genitori di figli ventenni che vivono il dramma per solidarietà con le due famiglie coinvolte, ma anche perché sanno che nessuno è al sicuro e che tristissime faccende come quella dei ragazzi di Vigonovo potrebbero, identiche, capitare ai loro.
E purtroppo non c’è modo di difendersi. O meglio, i modi per contrastare e prevenire episodi del genere non sono così codificati, rodati.
Si, si può, si deve parlare con i propri figli, il dialogo è fondamentale, certo, ma non basta.
Non basta quando si ha a che fare con le faccende di cuore a vent’anni. Un innamorato tradito, lasciato, non ragiona e chissà cosa potrebbe fare nel momento di massimo sconforto.
È pur vero che ci sono milioni di giovani coppie, e tante si lasciano senza che si arrivi alla tragedia. Pianti, lacrime, depressione finché il gruppo di amici ti costringe a uscire di nuovo e tutto ricomincia. Sta nell’ordine delle cose.
Ma quando la follia prende il sopravvento, ed è quasi sempre un lui che si vendica su una lei che non lo vuole più, la tragedia è servita.
L’attesa per conoscere la sorte dei due fuggiaschi stende un’aura nera su ogni pensiero.
Cinicamente ho persino immaginato come avrei attaccato il pezzo relativo al ritrovamento di Giulia cadavere: cronaca di una morte annunciata. Perché l’hanno detto anche gli amici che Filippo proprio non si rassegnava alla rottura della storia con Giulia.
Quanto mi piacerebbe poter parlare d’amore, anche di sofferenza connessa, con le mie figlie (una, coetanea di Giulia, si è appena laureata proprio in ingegneria), senza dover attaccare il discorso con raccomandazioni relative al salvarsi la vita.
Invece, purtroppo, è proprio quello che dobbiamo fare: spiegare quali sono i segnali pericolosi, insegnare a riconoscere il germe della follia che può insinuarsi nella mente di un fidanzato, molto più raramente di una fidanzata. E a noi genitori tocca affrontare queste spiegazioni senza avere nemmeno la competenza relativa, perché ci vorrebbe almeno uno psicologo per indagare l’animo umano, sempre che basti.
E allora attendiamo. Attendiamo di sapere che fine hanno fatto i fidanzati veneziani, e se l’epilogo sarà tragico potremo solo stringerci alle loro famiglie, e magari nell’inconscio ringraziare del fatto che stavolta non sia capitato a noi.
Anche se mi piacerebbe tantissimo che.