Così, negli ultimi anni, Pupo ci ha informati che.
Punto primo, un contrordine: lui non è mai stato un cantante di margine, buono per le balere di riviera, ma anzi è un bohemien genialoide, scapigliato e creativo, insomma un artista in senso pieno e totale, e come tutti i veri artisti portato alla ribellione, all’anticonformismo, alla vita svitata.
Da qui, l’inevitabile esistenza border line, tipo Morgan de noantri, dissoluta il giusto, giusto nei tempi e nei modi giusti per giocarsi anche l’anima nelle bische.
A seguire, la famiglia allargata esibita in faccia a noi conformisti benpensanti, fermi alla monogamia: lui si mostra con orgoglio con la sua formula tre, moglie e amante sotto lo stesso tetto, si sta da dio, ci vogliamo tanto bene, che c’è di strano, non sapete cosa vi perdete.
Ultimamente, il messaggio più alto: io Pupo sono un ambasciatore di pace, tutti pensano che vada a cantare da Putin per mendicare quattro soldi, che sia uno senza morale e senza scrupoli, che il cinismo e l’egoismo siano i valori guida del mio carattere, in realtà io Pupo “vado in trincea” e porto un messaggio di distensione, io Pupo non vi dico che Putin è una brava persona, ma basta che qualcuno me lo chieda e potrei dirlo tranquillamente.
Grazie a questa etica e a questa estetica, Pupo è diventato un grande personaggio del dibattito italiano. Una figura centrale. Che fa parlare e fa discutere.
Per quanto mi riguarda, non riesco più a sentirlo. Ha detto abbastanza per implorare Putin di non restituircelo più.