LA MEMORABILE CAMPAGNA CONTRO IL RAZZISMO NEGLI STADI

Francesco Acerbi non è un razzista, direi che è un ignorante perché non ha ancora capito, forse mai accadrà, che insultare, per il colore della pelle, un avversario o una qualunque persona, non sempre è segnale della superiorità di una razza sulle altre ma è solo il sintomo di un analfabetismo sociale, democratico, civile.

Proprio nel giorno nel quale il mondo del football proclamava “fuori il razzismo” ad Acerbi è sfuggita di bocca l’aggettivo negro che ha colpito Juan Jesus. Costui ha richiamato l’arbitro che nemmeno aveva avvertito l’insulto, perché tale è, e ha provato a capire, convocando le parti in causa mentre altri sodali dell’interista, tenendo la mano alla bocca (come si usa non dopo un pranzo a base di bagna cauda, ma per non farsi sorprendere in chissà quale dichiarazione scabrosa) tentava di ridurre alla ragione il difensore del Napoli, che per beffa ha poi realizzato il gol del pareggio.

Lo stesso Juan Jesus ha accettato le scuse di Acerbi ma ha aggiunto che certe cose finiscono sul campo, secondo comodo repertorio del calcio, una balla colossale, una bugia sciocca perché quando l’insulto parte dalle tribune scatta il daspo per l’idiota e quando è rivolto all’arbitro spunta il cartellino rosso, alla faccia di certe cose finiscono lì.

Sta di fatto che Acerbi, rimasto regolarmente in partita, è stato espulso dal ritiro della nazionale in partenza per la storica e trasferta americana nelle due sfide amichevoli con Venezuela ed Ecuador. Spalletti ha fatto quello che lo steso Acerbi avrebbe dovuto fare spontaneamente, ma l’Inter ha messo in circuito il classico comunicato riservandosi di arrivare alla verità dopo un confronto con il proprio dipendente. Aggiungo che Pastorello, il procuratore di Acerbi, ha smentito che il proprio assistito abbia pronunciato l’aggettivo, dal che non si comprende perché mai lo stesso calciatore abbia chiesto scusa.

E’ la solita commedia ipocrita, tipica di un mondo furbastro, là dove gli attori si segnano prima di entrare in campo e poi bestemmiano tutto il rosario o si scambiano abbracci e gagliardetti e un secondo dopo si lanciano accuse vigliacche.

Acerbi dovrebbe e potrebbe essere squalificato dal giudice sportivo, ma sembra che non ci siano immagini del suo greve labiale e dunque manca la prova tivvù, il var dell’offesa, vale la sua parola come quella del suo avversario che si chiama Gesù. Una storia irresistibile, la partita è finita, andiamo in pace.

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