UCCIDEREMO LA LIBERTA’ CON LA LIBERTA’ DI NON VOTARE

Si vota sempre meno, l’abbiamo visto negli ultimi anni e la tendenza sembra irreversibile. L’astensionismo e il disinteresse, o la sfiducia se si preferisce, conquistano agevolmente la schiacciante maggioranza.

Chi però è in grado di immaginare un tempo nel quale nessuno vorrà più votare e un tempo nel quale nessuno vorrà più impegnarsi politicamente per la guida del Paese? Un tempo nel quale nessuno andrà a votare perché non ci sarà più nessuno da votare.

Come potrebbe funzionare un Paese fatto in questo modo? Ognuno per sé e disordine garantito, questo viene da pensare, ognuno stabilisce le sue regole e il suo governo, ogni cortile, ogni recinto, ogni quartiere una monarchia, costantemente sul piede di guerra per difendere il proprio feudo, il proprio comune, la propria signoria. Qualcosa di già sentito, siamo stati tutti sui banchi di scuola e tutti ci ricordiamo seppur vagamente qualcosa a proposito, un passato alle spalle che potrebbe rischiare di ripresentarsi all’orizzonte, un orizzonte nel quale stavolta ognuno di noi è monarca di sé stesso e del proprio regno.

Una realtà immaginaria degna di un distopico romanzo, o di una serie tv, per essere al passo coi tempi, ma non così folle. i giovani soprattutto, come scrive Maurizio Ferrera sul “Corriere della Sera”, non sono disinteressati alla politica, “il problema è che molti di loro (il 40%) non considerano il voto come uno strumento efficace per far sentire la propria voce”. “Il canale di gran lunga privilegiato è internet…..ad essere in crisi è dunque la partecipazione politica istituzionale, quella che in passato era addirittura obbligatoria: il voto”.

Scrive ancora Ferrera: “Molti giovani non votano, pochi si candidano o vengono candidati, ancor meno vengono eletti. Il deficit di rappresentanza accresce ulteriormente il peso politico degli anziani, già connesso all’invecchiamento demografico e al fatto che l’astensionismo tende a diminuire con l’età”.

Se da un lato è comprensibile, dall’altro la china suona pericolosa, gli esiti imprevedibili e la sensazione che non vi sia nei giovani consapevolezza che l’unico modo per cambiare le cose rimane la via della rappresentanza democratica. La lusinga di poter esprimere il proprio pensiero sul web in tempo reale crea l’illusione della partecipazione e della discesa in campo, ma così non è.

Lo stato delle cose, la nostra democrazia, sarà imperfetto fin che si vuole, ma è una conquista del secolo scorso che si è lasciata alle spalle feudi, comuni, signorie, monarchie, dittature. Scendere in campo solo sul web significa in realtà abbandonare il campo e lasciare la strada spianata a chi le cose non vuole cambiarle.

In un memorabile reportage sulla campagna elettorale del senatore McCain, nel 2000, David Foster Wallace scriveva qualcosa di tremendamente attinente e attuale: “Sia chiaro: avete tutto il diritto di stare a casa, se volete, ma non prendetevi in giro pensando di non votare. In realtà, non votare è impossibile: si può votare votando, oppure votare rimanendo a casa e raddoppiando tacitamente il valore del voto di un irriducibile”.

Si possono comprendere lo scoramento e la sfiducia, ma come si può provare a cambiare le cose senza far valere il proprio diritto di voto o non provandoci in prima persona?

In Australia dal 1922 il voto è obbligatorio, da quando si presentò ai seggi solo il 59% degli aventi diritto. Da qualche anno, oltre alla condanna morale è stata inserita una piccola multa in denaro, qualcosa di impensabile da noi, facinorosi già con vaccini e mascherine, figuriamoci.

Ma poi chi avrà davvero diritto di criticare o dire la propria, al bar come sul web, chi ha fatto il proprio dovere o tutti indistintamente?

Siamo in realtà prigionieri della nostra presunta libertà, anche quella di non votare, quella che ci annienterà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *