Non c’è dibattito televisivo nel quale non spunti l’ospite che si porta il bagaglio appresso, romanzo, raccolta di poesie o novelle, diario, saggio breve o lungo, e la conduttrice o conduttore presenta l’invitato mostrando la copertina, sfogliando alcune pagine e poi chiude la trasmissione ricordando ai telespettatori di correre in libreria o all’edicola ad acquistare il prodotto. Immancabilmente un capolavoro.
Il politico e il giornalista, l’artista di spettacolo, cantante, musicista, il cuoco, la cheffe (così sta scritto sulla Treccani), lo sportivo, il prelato, lo scienziato: la sfilata di scrittori copre l’arco costituzionale, il reddito di cittadinanza libraria non si nega a nessuno e nessuno osa cancellarla, o quanto meno avviare un’indagine per scoprire il lato oscuro delle marchette.
A pensarci bene, anzi a leggere meglio, ci sono più libri che scrittori.
Un altro mercato che scuoia la pelle all’asino e la concia alla sua maniera, trasformandola in un’opera d’arte patinata, ridicola e colorata a chiazze di illusorietà. Intanto l’asino muore e il suo cadavere viene gettato, serviva solo la pelle. Di lui, dell’asino non se ne fanno niente. L’editoria, i premi, gli scrittori, i falsi scrittori, tutti dipinti sulla pelle, sulla superficie di un animale a cui sono cresciute le orecchie perché non sa mai niente.