TORNANDO A CASA

di LUCA SERAFINI  – “Tornando a casa” fu una discussa pellicola di fine anni Settanta sul tema del disagio di un soldato, reduce dalla guerra in Vietnam, nel riadattarsi alla vita quotidiana, per di più con una moglie che nel frattempo lo aveva tradito. Si trattò comunque di un film precursore su temi scottanti come la “sporca guerra”, pacifismo, militarismo, umanitarismo. “Tornando a casa” mi è sovvenuto pensando a questi giorni di vacanzieri incolonnati, di rientro da spiagge e sentieri verso la vita quotidiana. La guerra sul pianeta è tuttora in corso, tra milioni di contagi e 800.000 morti: il subdolo cecchino è ancora annidato e molto attivo. I governi sembrano più sorpresi e disarmati persino rispetto alla prima ondata del virus… Cosa ci aspetta, tornando a casa?

Da settimane i media sono ingolfati di ombrelloni, piste da ballo, bar e ristoranti, esodi e movida. Il turismo è uno dei traini del nostro Paese ed era intubato, il suo risveglio anche a scapito delle regole ha preso il sopravvento, sorretto da billioneriani e negazionsiti. Di cassa integrazione, bonus, lavoro e di quella parola così di moda in primavera, filiere, non si sa praticamente più nulla. La politica latra sulle scuole come una muta di randagi, latita su temi sociali impellenti e provvedimenti, è una latrina riguardo a proposte, idee, soluzioni, informazioni. La questione più importante è diventata quella di mandarne a casa un bel numero a settembre, di politici: in generale, il senso di un referendum dovrebbe riguardare la qualità (della vita) più che la quantità, ma siccome di qualità in Parlamento e in Senato non vi è ombra, scremare risparmiando qualche stipendio potrebbe anche non essere una cattiva idea. 

Resta il fatto che tornare a casa sta moltiplicando le farfalle nello stomaco. Inquietudine e angoscia cancellano l’abbronzatura più rapidamente della pressurizzazione su aerei che la maggior parte di noi non ha preso. Abbiamo sentito parlare per molto tempo di una possibile seconda ondata del virus: ci aspettavamo che questa volta non fossimo presi alla sprovvista, né noi né chi ci governa. Non vi è traccia di difesa, invece. Sono un giornalista e però chiedo a voi lettori: dove posso leggere o sentire di nuovi protocolli organici e nazionali sul comportamento da tenere tornando a casa? Di mascherine e guanti obbligatori su scala nazionale in certi luoghi, certi orari, e certe condizioni? Di sgravi fiscali? Di aiuti per le aziende? E per le famiglie, specie se i figli dovranno continuare a studiare da casa?
   
Dobbiamo organizzarci da soli. Questa è la verità. Tornando a casa, dovremo aggrapparci a quel nostro “senso di responsabilità” che è stato il refrain di questi mesi opprimenti. Quasi ce lo rinfacciavano: se vi contagiate, è colpa vostra. Dobbiamo organizzarci da soli. I numeri dicono che qualche migliaio di italiani proprio non ce l’ha fatta, a fare attenzione e ad avere cautela, ma dicono anche che altri milioni e milioni (la stragrande maggioranza) ci è riuscita eccome. Sarà grazie a loro, grazie a noi (permettetemi) che ripartiremo, non abbiamo alternativa: in attesa non di settembre per mandarne a casa una bella fetta, ma del giorno in cui li manderemo a casa tutti quando ne avremo trovato finalmente qualcuno, tra questi milioni di sconosciuti responsabili, in grado di fare politica e governare seriamente.  

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