TOLLERANZA ZERO CON I RAVE, MA CERTE MOVIDE E CERTE CURVE CI STANNO BENE

Dici RAVE e dici oddio! Chi vorrebbe trovarsi in mezzo? Nessuno. Decibel insostenibili, sbandati di ogni sorta, fumo e canne e altro in quantità.

Nessuno vorrebbe trovarsi in mezzo a un rave party, eppure è quello che i giovani fanno da sempre, una parte dei giovani, va bene, ma quello che al di là dei rave i giovani continuano a fare anche in altri luoghi e tempi, tollerati e accettati, quasi ignorati, tranne quando finiscono per ammazzare qualcuno sulle strade.

Il punto non è il rave, o il ritrovo di massa, e nemmeno il potenziale oltraggioso in verità. Il punto è quanto può essere dannoso e deleterio per il prossimo. Da sempre, da quando esistono come li conosciamo almeno, i giovani creano occasioni di aggregazione lontano dai luoghi canonici, ingessati, lontano dai luoghi che gli adulti col gessato suggeriscono.

Il rave nasce come evento trasgressivo, indubbiamente, almeno trent’anni fa. La sorpresa, il passaparola, la clandestinità sono tratti distintivi, come la musica che esplode dagli altoparlanti. Via via, dai primi anni novanta, anch’essa è mutata, ma il il principio imprescindibile è che deve far ballare e anche un po’ sballare.

Però, per quanta indulgenza si possa avere, è pur vero che se il rave devasta un terreno, un territorio, se devasta la quiete di chi vorrebbe starsene tranquillo ad ascoltare i grilli, il rave è fuori posto. Punto, e con buona pace dei trasgressori. Se il rave eccede per pratiche illegali, droghe ed eccessi limitrofi, appropriazioni indebite, spacci senza freni, e qui i giovani c’entrano comunque poco in genere, il rave entra nella zona che tutti percepiscono come ostile e di fatto aliena al divertimento. Il rave diventa oggetto deviante che tutti finiscono per percepire come avverso, non per le musiche o le proposte culturali fuori dagli schemi che gli adulti non riconoscono, non ancora almeno, ma banalmente per la trita trasgressione chimica e lo sballo d’ordinanza.

In Germania e in Inghilterra questa istanza è chiara da anni e i rave sono davvero spesso occasioni di promozione culturale. Ma non vorrei sconfinare, resterei in Italia. Se il problema è l’aggregazione e l’illegale trasgressione, mi permetto di considerare il rave un facile capro espiatorio, e l’idea che siano solo i giovani gli incendiari delinquenti da perseguire fa un po’ ridere, o piangere.

Di fatto, gli sporadici rave sono i parafulmini che intercettano l’insofferenza bigotta, che non significa ingiustificata, ma che deve pur avere un bersaglio definito e circostanziato. Peccato che ben di peggio accada quotidianamente, o settimanalmente se si vuole usare indulgenza, nelle movide metropolitane e nelle curve degli stadi italiani, dove si beve oltre misura, dove si fuma e ci si droga oltre misura, dove la violenza non manca e non di rado produce mostri e defunti e carneficine, volontarie o colpose che siano.

Vedi le stragi che regolarmente si ripresentano sulle strade italiane, non a seguito di rave, ma di serate fuori controllo, dopo fiumi di alcol e arsenali di droghe, alla guida di bolidi prestati dai paparini talvolta, ma quel che conta, purtroppo, fuori dal recinto, anche dal recinto del rave, certo, schegge impazzite pronte a colpire a caso quel che capita a tiro, il videogioco perfetto.

Delle curve forse sarebbe meglio non parlare ultimamente, oppure sì. Uno dei luoghi di aggregazione per eccellenza, dove può accadere di tutto e dove la legge non ha campo, non ha ricezione. Nemmeno le forze dell’ordine, nemmeno i vertici delle società osano avventurarsi, vergognosamente succubi del ricatto del tifo organizzato, per dire che oltre i rave, più dei rave, il crimine e la delinquenza, lo spaccio e l’abuso, l’illegalità tutta hanno ospitalità signorile in luoghi e occasioni ordinari e approvati, per il semplice fatto che alimentano l’indotto e muovono il PIL, o almeno si presume, per il semplice fatto che metterci mano vorrebbe dire levarci dalle mani il balocco così come lo conosciamo.

Quindi va bene, il rave va irreggimentato: ma siamo sicuri che tutto intorno le cose vadano per il verso giusto? Più che altro: siamo sicuri di trattare tutti allo stesso modo?

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