In ogni caso: ben venga un serio test per i giudici, però tutta la vita evviva Gratteri. Ma sì, il procuratore capo di Napoli, dentro fino al collo tra camorre e camurrie, dopo aver già dato a Catanzaro con la ndrangheta. Sua l’eccezione inoppugnabile: ci sono altri ruoli altrettanto importanti e delicati, il test andrebbe esteso. Prima di tutto, a chi governa e a chi fa le leggi della Repubblica. Per soprammercato, ha parlato pure dei test per alcol e droghe, e neppure questa è una battuta, perchè più e più volte là dentro s’è scoperta gente che faceva il pieno di polveri.
Invece. Invece i politici comandano e decidono, per cui siamo al punto che non solo non si parla di test, e questo in fondo è il meno: no, siamo ben oltre, da sempre, perchè nei luoghi in cui si pensano e si decidono le leggi che poi cambiano la nostra vita, nostra e dei nostri figli, in questi luoghi sacri ci si può andare anche senza laurea.
Non se ne parla mai, si preferisce esaltare il sapore sopraffino della vera democrazia, in cui chiunque, anche il più sprovveduto, se scelto e votato può entrare nella stanza dei bottoni. In sé è poetico, ma abbiamo visto troppe volte che cosa significhi in realtà.
Stando così le cose, è per questo che la crociata sui test ai giudici ha tutti i contorni della gaffe, dell’autogol, del boomerang, perchè messa così – test ai giudici, no alla politica – dimostra quanto considerino loro stessi – i politici – il proprio ruolo: non un ruolo così delicato da richiedere uguale fermezza nella formazione e nella selezione. D’altra parte, ce lo stanno dimostrando da decenni, nei fatti, come considerino quel posto e quel ruolo: entrano scappati di casa e pornostar, ciarlatani e semianalfabeti, senza fare nomi perchè tutti ne conoscono. Ci sono stati persino quelli che la laurea se la sono inventata. Macchiette spassose da rendere felice Crozza, ha sempre l’imbarazzo della scelta. Noi ci ridiamo sopra, ma se fossimo consapevoli della gravità non ci scapperebbe più tanto da ridere. Invece ci hanno trasmesso questo virus terribile, cioè il disprezzo delle istituzioni, così che diventa naturale anche per noi vedere, là dove si legifera per tutti, degli improbabili e degli impresentabili, che nella vita civile non sarebbero in grado nemmeno di timbrare una cartolina.
Per fare l’architetto, l’avvocato, il medico, l’insegnante, l’ingegnere serve la laurea. Serve persino un esame di Stato. Per fare il parlamentare no. Altro che test psicoattitudinale: basta vedere i test che ogni tanto “Striscia la notizia” o le “Iene” fanno ai parlamentari fuori Montecitorio, del genere qual è il fiume più lungo d’Italia o in che anno è nata la nostra Repubblica. Risposte agghiaccianti. Cose che voi umani nemmeno potete immaginare. Senza contare come hanno sterminato il congiuntivo, anche se quello effettivamente è già pretendere troppo.
Ci chiediamo ogni volta: ma com’è possibile che questo, definito onorevole, chiamato a decidere della mia vita, sia di un’ignoranza così grassa. La risposta è elementare: lì, nella vera stanza dei bottoni, ci può andare chiunque, non è richiesta nemmeno una base minima di studi, quella che una laurea per quanto svilita comunque garantisce. E’ una zona franca in cui l’istruzione non è prevista. Eventualmente, se c’è, viene tollerata, ma sia ben chiaro che con la cultura non si mangia.
Il dramma nostro, è che comunque lì ce li mandiamo noi.