UN PAIO DI COSE CHE VOGLIO DIRE A GALIMBERTI, PAPA’ FALLITO

Il noto filosofo Umberto Galimberti in un’intervista rilasciata a Sette, inserto del Corriere della Sera, parla del rapporto tra generazioni, dando anche suggerimenti pedagogici ai genitori di adolescenti, soffermandosi in particolare sull’evoluzione della figura paterna negli ultimi decenni.

Dice alcune cose, in buona parte condivisibili, ma due affermazioni balzano stonate all’attenzione, su cui è difficile non dissentire con il famoso intellettuale.

La prima è che confessa candidamente di essere stato un cattivo padre, avendo riservato troppo poco tempo, perfino per dialogare, con la figlia, in quanto ha dato priorità ai suoi molteplici impegni professionali. Lui stesso specifica quanto i genitori insegnino con gli esempi concreti e non tanto con le parole, sia pur forbite e colte. Insomma, afferma senza problemi di essersi comportato esattamente al contrario di quanto suggerisce. Per peggiorare le cose, dichiara pure di non aver imparato nulla e di essere carente anche come nonno, visto che l’attività di conferenziere lo porta anche adesso a girare lo stivale in lungo e largo e quindi per i nipotini ha ancor meno tempo. Per loro fortuna, ci rassicura Galimberti, sua figlia è diventata comunque una madre eccezionale.

Ancora più grave l’ opinione secondo cui è responsabilità degli psichiatri e degli insegnanti se le scuole sono piene di ragazzi “disgrafici, dislessici, acalculici, Asperger, autistici”, tanto che la scuola elementare parrebbe una clinica. La colpa, secondo lui, sarebbe degli insegnanti perché vorrebbero “una ricetta per corsi scolastici privilegiati, semplificati, alleggeriti” e degli psichiatri, troppo pronti a emettere diagnosi. Qui, sembra proprio che il professore conosca poco la scuola italiana e parli di cose che conosce poco. A parte che non sono gli psichiatri gli specialisti che entrano nelle scuole (ma diciamo che questo potrebbe essere un dettaglio), è vero che oggi i disturbi dell’apprendimento sono in notevole aumento anche perchè diagnosticati meglio, ma è tutto da verificare se questo sia davvero un danno.

Quello che il cattedratico sembra ignorare è che dietro ciascuna di quelle parole, peraltro indicanti situazioni molto diverse tra loro, vi sono circostanze individuali e familiari complesse, che impongono soluzioni personalizzate. Ma richiedono soprattutto rispetto, a partire da chi vanta di possedere competenze educative e che sa quanto dietro il disagio vi possa essere sofferenza. Su alcuni temi le semplificazione non sono solo sbagliate: sono macigni il cui peso è duro da rimuovere.

Un pensiero su “UN PAIO DI COSE CHE VOGLIO DIRE A GALIMBERTI, PAPA’ FALLITO

  1. Maria Rosaria Balzano dice:

    In questo tempo impermanente è ” obbligatorio ” diadnosticare tutto, banalmente alla strenua di pubblicare ogni maledetto momento della propria giornata: anche” ho fatto cacca” nella speranza che la la propria vita non sia di ” cinque lettere ” , appunto

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