STUPRATA DUE VOLTE

Se è possibile raddoppiare certi dosaggi di abissale dolore, per la donna ucraina stuprata all’alba su un marciapiede di Piacenza è crudelmente tutto doppio. Dopo la feroce violenza subita dal richiedente asilo originario della Guinea, puntualmente ripresa col telefonino da un cittadino qualunque di un condominio, a questa povera donna sta toccando di tutto: la condivisione social del suo dramma, la Meloni che lo rilancia “a fin di bene” – anche se in campagna elettorale il confine tra fin di bene e strumentalizzazione propagandistica è sempre molto flebile, strano non lo sappia proprio lei, aspirante premier di uno Stato sovrano -, ma poi a seguire tutto il resto della sguaiata grancassa italiota, con le opposizioni che scatenano la guerra contro la stessa Meloni, le autorithy della privacy che intervengono (sempre a babbo morto), la Procura che apre un fascicolo per diffusione illecita di quelle immagini, eccetera eccetera.

Il risultato di questo nuovo pollaio, che ci ostiniamo tutti a chiamare civiltà, è quanto di più prevedibile ci si potesse immaginare. Bastano le poche parole della donna ucraina agli investigatori, parole che tolgono il fiato: “Sono disperata, tutti mi hanno riconosciuto in quel video…”.

Potremmo arrivarci, con un minimo sindacale di sensibilità umana: lo stupro in sé è quanto di più tragico e irrimediabile una donna debba subire, ma anche il dopo, il collaterale, il conseguente possono rivelarsi ugualmente violenti. E’ istintivo e legittimo, dopo aver subito un’umiliazione simile, sperare almeno in un minimo di silenzio e di discrezione. Si vorrebbe voltare pagina al più presto, lasciandosi alle spalle un’esperienza così torbida, almeno per evitarsi gli sguardi e la parole del mondo tutto attorno. Invece qui siamo di fronte a un secondo stupro, sempre su di lei, come un accanimento supplementare e gratuito, ma parecchio cinico e volgare. Dopo la violenza, deve sorseggiarsi pure la vergogna. Il sovrapprezzo che infliggiamo noi.

Ancora una volta, torniamo al solito punto: la cultura social della nuova piazza globale. Tutti si appropriano di tutto, a qualunque costo, senza nemmeno pensare al costo sovrumano che deve pagare chi è al centro del polverone. Eppure non serve molto per immedesimarci, per metterci un solo secondo nei panni di quella donna ucraina: è un attimo comprendere come sia angoscioso, dopo l’abuso fisico ad opera di un criminale, finire pure in balìa di un abuso collettivo, senza freni e senza limiti, di chi usa il video per i fini più diversi, fosse per bieco guardonismo, ma anche per sincere battaglie morali. Al centro resta sempre lei, la stuprata di Piacenza, vista e rivista in tutti gli angoli d’Italia e pure del pianeta. E’ tanto difficile comprendere come può sentirsi lei, dopo ogni clic?

Anche in questo caso, arrivano puntuali certe buone notizie che vorrebbero raddrizzare la situazione: per esempio Twitter che rimuove il filmato della Meloni. Meglio questo che niente, meglio tardi che mai, ma resta la certezza che nessun gesto restituirà alla donna stuprata la sua dignità violata. Violata selvaggiamente dallo stupratore e da tutti gli stupratori che si vanno a rivedere il video.

Lei, adesso, avrebbe bisogno solo di altre cose, nemmeno tante. Silenzio, rispetto, aiuto. Tutti articoli che il ruggente mondo social, purtroppo, non ha mai inserito nelle sue icone “Impostazioni”.

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