Qualche decennio fa, in un articolo che, a leggerlo ora, mette quasi i brividi, si postulava che sarebbe venuto il giorno in cui, col telefono, si sarebbero potuti svolgere compiti innumerevoli: scattare fotografie, pagare la cena al ristorante, farsi guidare lungo strade sconosciute. Allora, la gente, leggendo, si metteva a ridere: oggi, ci siamo dentro. Tanto vale, dunque, non guardare più alle profezie fantascientifiche con l’occhio scettico del misoneista professionale: spesso, ci prendono di brutto.
Io non sono certamente un avversario del progresso: senza la scienza e la tecnica in continua evoluzione, si morirebbe di difterite e si salirebbero le scale a piedi. Tuttavia, non sono neppure un positivista tonto: credo che il progresso scientifico e tecnologico debba andare di pari passo col progresso intellettuale e sociale. Altrimenti, è come mettere un bambino davanti al pulsante per la guerra termonucleare globale. Un’alea alquanto rischiosetta.
Così, di fronte alla notizia del signore americano, Brandon Dalaly, che si è fatto impiantare un chip sottopelle per aprire la propria Tesla senza bisogno del cellulare, mi sono sentito un tantino combattuto. Il Vivokey Apex, del costo di circa 400 euro, è un chip che funziona come i sistemi di pagamento tramite cellulare: solo che serve ad aprire la Tesla e te lo porti addosso. Anzi, dentro.
Siccome so benissimo che la rete internet serve anche per monitorare i flussi di mercato, le esigenze della clientela, gli acquisti in genere, insomma, per controllarci, da un lato mi dico: orpo, comodo aprire l’auto senza bisogno di nient’altro che della tua mano! Dall’altro, però, mi domando se le teorie, più o meno complottarde, sul fatto che la tecnologia sia sempre più uno strumento di dominazione di massa, non ci appaiano risibili come ci sembrava divertente quel vecchio articolo sui telefoni. E se il nostro progredire non stia, in realtà, cucendoci addosso – sottopelle – una camicia di forza.
Io non mi fido del denaro: non mi fido di chi ne fa troppo e troppo rapidamente. Vengo da un vecchio mondo borghese, in cui anche la ricchezza si accumula con i tempi giusti e con la giusta fatica. Perciò, l’idea di farmi microchippare per aprire più comodamente un’auto che, in pratica, è un tablet con le ruote, mi convince proprio poco. Senza contare che, prima o poi, l’auto la dovrai pure cambiare. E, allora, che si fa? Dobbiamo prevedere anche per noi un tagliando periodico, per cambiare il chippettino? Chiave, tessera, smartphone, microchip: l’evoluzione della specie. Ma, dentro, siamo ancora quello della pietra e della fionda: è questo che mi preoccupa.