In fondo, confessiamolo, Baglioni è stato come i filmetti pornografici, visti di nascosto per poi dire che i nostri cult sono i film d’essai e il Bellocchio o i Taviani mica quelle canzonette lì. Eppure al Claudio re de Roma bastava uno sguardo, un accenno di voce raschiata e volavano reggiseni e mutandine, gote imporporate da baci frenetici, tutta quella roba che faceva vergognare il giorno dopo, mai durante, nemmeno prima.
In fondo una canzone, in fondo un cantante, ma che canzone, che cantante, (“…chi canta Prévert, chi copia Baglioni.. da Il Cielo è sempre più blu di Rino Gaetano), il dopo Battisti, più presente di Lucio, più da palco e meno da falò notturno, chitarra e spiaggia massì, strada facendo si poteva fare anche con lui, non con De André o Guccini, roba diversa, seria, forse noiosa, diciamo allora Cocciante e Dalla per restare abbracciati.
L’annuncio del ritiro porterà alla corsa verso dischi, vinili, 45 e 33 giri, ciddì, cimeli, memorabilia, un Baglionificio che servirà al medesimo per incrementare gli introiti ed a far lievitare la sua traccia storica.
Non escludo una partecipazione al Festival, passerella della qualunque, prevedo altre apparizioni da Fazio o un cinque minuti da Vespa, abbiamo bisogno di accarezzare nostalgie zuccherose proprio mentre navighiamo nei canali dei social puzzolenti.
Baglioni Claudio di anni settantatré a maggio, architetto, grande ufficiale della repubblica, la vita non è più adesso. Era ieri.