CANCRO E INPS, DUE NEMICI SPIETATI PER MARTA

 

di LUCA SERAFINI – Vinta qualche effimera battaglia, Marta si è chinata sul campo a raccogliere le briciole. Il peso delle cicatrici si sente, le mordono la testa e l’anima, ma quella polvere adesso è come oro: le dà la forza di proseguire con tenacia granitica una guerra ancora molto, molto lunga…

E complicata, contro due avversari ostinati e letali, spietati, inarrestabili. Uno è quel tumore che la affligge da quasi 15 anni, quando era ancora minorenne. L’altro è l’INPS, nemico freddo e crudele, invisibile, inesorabile come il primo.

“Era il 2007, avevo 17 anni”, racconta Marta Pellizzi al telefono dalla sua casa di Imola, voce risoluta e squillante. “Da molto tempo i mal di testa erano frequenti e insopportabili, però nessuno andava a fondo al problema. ‘Sei un’adolescente, sarà colpa del troppo studio, è normale alla tua età…’: i dottori mi ripetevano il ritornello fino allo sfinimento. Quando cominciò a calarmi la vista, finalmente mi sottoposi a degli esami accurati e la diagnosi fu terribile: avevo un tumore che occupava un terzo della scatola cranica”.

Iniziarono gli interventi chirurgici: la recidività del cancro di Marta è altissima, quindi la bestia si ripresenta puntualmente, costringendola negli anni a farsi aprire la testa 4 volte, fino ad oggi.

Nel frattempo la vista cala in maniera drastica, accecandole completamente l’occhio sinistro e riducendole quello destro “a una finestrella aperta per il 6% nella pupilla, con una sola diottria. E’ come se la mia visuale fosse ridotta a un buco nella serratura di una grande porta, ma da quel buco io percepisco a malapena un esile raggio di luce, nessun oggetto, nessun colore. Mi dà persino fastidio, sarebbe meglio essere cieca del tutto…”.

Ma l’INPS le contesta persino che in quella minuscola fessura lasciata aperta dal tumore nell’occhio destro, quell’impercettibile fessura, quella misera diottria siano invece… 2.

Allora Marta quasi ci ride su: “Non capisco se vogliano accusarmi di imbrogliare o mi prendano in giro”. Lo scopo? Non riconoscerle l’invalidità del 100%, né l’accompagnamento.

“Vivo con i miei genitori, mentre mio fratello e le altre due sorelle fanno la loro vita e ci hanno regalato 3 nipotini. Lavoro, sì, da 6 anni: sono consulente formatrice per freelance, insegno l’utilizzo dei social-network a livello aziendale. Non mi serve muovermi né vedere, mi bastano l’esperienza e la dialettica”.

E proprio i social le hanno regalato una prima “conquista”: la sua campagna #ioNonMollo su Twitter, Facebook e altre piattaforme attirano l’attenzione di migliaia di persone. Finalmente si comincia a parlarne.

L’INPS però resta impassibile, e allora Marta trascina l’Istituto in Tribunale, dove la sentenza è perentoria: 100% di invalidità e accompagnamento obbligatorio. “Manco fosse un premio”, commenta lei.

Dopo ogni intervento il tumore sembra arrendersi salvo poi riapparire, e così è l’INPS: incassa il verdetto, ma costringe Marta ad altri esami durante i quali le contesta persino di essere laureata. “Un elemento probante per smascherare una truffa a loro danno”, dice ancora ridendo, amaramente. “Non hanno nemmeno valutato la documentazione, così pure gli esami: si sono limitati a sostenere la loro equazione ineffabile, secondo cui se mi sono laureata non sono invalida al 100% e posso farcela da sola”.

Le viene di nuovo abbattuta l’invalidità al 70% e tolto l’accompagnamento. Dopo l’iniziale senso di abbandono, Marta si scatena di nuovo e contatta sia il presidente dell’INPS, Tridico, che il presidente della Repubblica, Mattarella.

Risultato: Tridico le fa riottenere il 100% di invalidità (tradotto: 297 euro al mese), ma di accompagnamento non se ne parla.

Marta torna in sella alla tigre e in questi giorni hanno iniziato a parlarne le pagine locali di “Repubblica”, “Corriere della Sera” e la trasmissione “Uno, nessuno, centomila” di “Radio 24”. Lapo Elkann è stata la prima celebrità a twittare: “Presidente Tridico, torni a occuparsi di questa vicenda”.

E adesso? “Ho 31 anni ma me ne sento addosso un milione. Continuo la mia battaglia social #ioNonMollo, perché non è giusto che sia accudita sempre e solo dai miei genitori. Oltre a quella polvere d’oro di 297 euro al mese, vorrei il conforto di un braccio mentre cammino per strada”.

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