SEMPRE PIU’ DIFFICILE ESSERE RAGAZZI: COSA FARE, COSA SI STA FACENDO

Da un lato è sempre più diffusa, non solo tra gli esperti ma anche nell’opinione pubblica, la convinzione sull’importanza del benessere psicologico come fattore fondamentale della salute degli individui. Dall’altro, emerge un impressionante aumento dei problemi di salute mentale nella popolazione, legato ad una pluralità di cause macrosociali, tra cui le incertezze economiche, le tensioni internazionali, la pandemia, la modifica dei valori di riferimento, la complessità del nostro sistema occidentale, che richiede sempre più competenze. Tutto questo comporta una quota sempre maggiore di stress ed aumenta la percentuale di quanti presentano difficoltà a gestire le proprie emozioni. Ovviamente poi sono decisive le caratteristiche individuali e la qualità dei rapporti familiari.

Particolarmente importante è riporre attenzione alla salute mentale degli adolescenti, una fase critica per i molteplici cambiamenti fisici, emotivi e relazionali a cui si è sottoposti.

Secondo dati recenti, sono ben 9 milioni gli adolescenti europei affetti da problematiche psicologiche, prevalentemente depressione, ansia e disturbi comportamentali. Anche in Italia la situazione è preoccupante in quanto un adolescente su 5 soffre di ansia. Ma forse il dato più allarmante è che tuttora 1 su 3 proverebbe vergogna a chiedere aiuto ad un esperto di salute mentale.

L’OMS segnala opportunamente l’importanza della precocità della rilevazione e del trattamento dei disturbi psichici in quest’età. Per riconoscere il disagio, sono indicati cinque campanelli d’allarme, quali: la riduzione delle attività sociali; il peggioramento del rendimento scolastico; una forte stanchezza con perdita d’interessi; difficoltà di memoria e di concentrazione; riduzione della cura personale e cattiva gestione dei cambiamenti fisici in atto. Anche la mancanza di attività fisica e l’uso smodato dei social media possono essere correlati a situazione di disagio.

Esistono poi particolari comportamenti problematici legati alla sfera dell’alimentazione, come anoressia e bulimia, all’uso di sostanze, ai comportamenti a rischio nella sfera sessuale, al riconoscimento della propria identità di genere. Ed ho tralasciato l’ambito dei deficit cognitivi, del neurosviluppo e quelli dello spettro autistico, pure in aumento, certo non meno importanti, che richiedono un discorso a parte.

Alcune cose si stanno facendo, come ad esempio la creazione del servizio degli psicologi di famiglia (o di base), che potranno affiancare i medici di medicina generale e i pediatri per fornire assistenza pubblica, con riduzione dei costi per le famiglie e la collettività. A regime dovranno esserci in ciascun distretto sanitario uno psicologo per ogni 4-7 medici o pediatri e si prevede l’impiego di 5-6.000 psicologi nel 2026. Questa iniziativa servirà non solo a fornire un accesso più semplice alle cure psicologiche, ma potrà ridurre lo stigma tuttora persistente attorno alla salute psichica. Inoltre, è già attivo il cosiddetto bonus psicologico, che prevede un contributo economico a chi richiede prestazioni di psicoterapia ed è al di sotto di alcune categorie di reddito. Infine, alcune regioni hanno anche attivato protocolli specifici sperimentali per il sostegno ai minori, prevedendo percorsi fino a 20 sedute a carico dell’ente e gratuiti per gli utenti.

Altra questione importante riguarda il consenso alla prestazione psicologica dei minorenni che deve sempre essere autorizzata, tranne poche eccezioni, da entrambi i genitori. Questa necessità può creare delle difficoltà laddove la richiesta d’aiuto del minore è legata proprio a comportamenti o esigenze di cui egli preferisce non mettere al corrente i genitori. Comunque la si giri, questa nuova emergenza appare maledettamente complicata. Ma resta un’emergenza.

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