SEMPRE MENO, SEMPRE PIU’ VECCHI: ALMENO, SAREMO ITALIANI SAGGI

Il twitter-anatema di Elon Musk “’L’Italia sta scomparendo”, riferito all’ultimo censimento degli italiani, 58 e virgola milioni DI abitanti, ha spopolato. Intanto, così per ripicca immediata, direi all’ineffabile imprenditore di occuparsi delle sue aziende, che con molta abnegazione sta personalmente aiutando a far scomparire (il riferimento è proprio al suo preferito veicolo di comunicazione, Twitter, di cui è padrone: da 8.000 a 1.500 dipendenti). Ma, abbandonando queste polemiche infantili, passo a condividere qualche riflessione.

La notizia del declino demografico è di per sé tristanzuola, ma è soprattutto devastante per chi ha ancora in mente l’idea dell’impero romano e del peso specifico in funzione di quanta gente siamo. Di fronte all’India e alla Cina del futuro, 1.5 miliardi a testa, e all’esplosione imminente di alcune nazioni africane (Nigeria in testa), rimarremo comunque un coriandolo nel vento. Grazie al cielo, la risposta non è nella quantità, ma nella qualità.

Subito dopo vorrei trasformare il pensiero negativo dominante, secondo il quale stiamo diventando un popolo di vecchi buoni a niente, in uno più positivo, dicendo che vivere più a lungo e magari bene non è poi così male. Non è ciò che ciascuno di noi si augura, in fondo in fondo? L’Italia, in questa speciale classifica, è terza, dopo Hong Kong e Giappone, ed è confortante sapere che l’indice di salute dei nostri diversamente giovani è tra i migliori in assoluto.

Il terzo punto è più un desiderio che altro. Mi piacerebbe molto che i milioni di persone che perderemo – la previsione per il 2070 indica che resteremo 48 milioni – possano essere composti solo dalle peggiori figure che avvelenano il Belpaese: la scelta è ampia, ma in testa metterei i corruttori a tutti i livelli, palesi o in doppiopetto, cioè coloro i quali perpetuano all’infinito il nostro cronico difetto e impediscono all’Italia di diventare una nazione davvero rispettabile. Purtroppo, per dirla con la frase celebre di un pioniere americano del marketing del secolo scorso, “metà del denaro che spendo in pubblicità è sprecato, il guaio è che non so quale metà sia”, anche in questo caso sarebbe difficile fare la scrematura. Sogniamoci solo per un istante questa magnifica opportunità, è comunque un esercizio liberatorio.

Detto questo, rimane il vero problema: i giovani. La bassissima natalità precipitata a 1.25 figli per donna è il dato che ci mette più ansia. Ancora di più il perché che ci sta dietro. Non bisogna essere dei geni per capire che manca la fiducia nel futuro: la preoccupazione del lavoro, il tema della minima sicurezza economica, fatti veri che viviamo tutti i giorni. Però, almeno sul fronte denaro, si può fare molto, il governo può intervenire eccome. L’incentivazione delle nascite è uno strumento alla portata di chiunque, basta solo dirottare gli investimenti. Così come riportare la scuola a un livello superiore per qualificare i nostri ragazzi, che sempre di più dovranno integrarsi e miscelarsi con il resto del mondo. Senza dimenticare di far rientrare i cervelli in fuga anche per allevare i nostri migliori talenti di domani. Progetti che riguardano le generazioni da 0 a 18 anni per niente impossibili, solo la politica non li vede.

I vantaggi dell’esperienza e della saggezza tipiche della “maggiore età”, che stiamo consolidando anno dopo anno, sono lì da sfruttare: bisogna sfruttarle a piene mani, per lanciare le iniziative che servano a trovare un felice equilibrio tra vecchiaia e giovinezza.

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