SE PERSINO DRAGHI HA PAURA DEL CALCIO

Non bastavano la Asl, ecco pure i Tar, siamo a posto.

Il calcio se ne sbatte, il virus è sostantivo di una lingua morta, meglio vivere alla faccia di regole, norme, leggi, protocolli. Si gioca a prescindere, come detto si passa dal tiroaggiro al ti raggiro, il tampone è il salvacondotto, il medico complice agevola la pratica, fermare il campionato è impossibile, troppi sono i soldi e in tempi di bancarotta meglio non perdere nemmeno un euro. E via con le riunioni d’emergenza, e via con le decisioni più pittoresche, come l’ultimissima di giocare con 5000 tifosi. E fa niente se diverse partite sono ancora sub-iudice, in attesa di.

Che Draghi si faccia una ragione, superior stabat Gravina e poi tutti gli altri furbacchioni della comitiva, i calendari sono bloccati, si potrebbero richiudere gli stadi o permettere l’ingresso a cinquemila spettatori, il dibattito è acceso.

In verità, in un paese civile, basterebbe il parere del primo ministro a nome del governo intendo, per chiarire e definire le cose, ma si sa che il football vive sull’isola non più del tesoro e si considera immune e impunito.

Si gioca, allora, in qualunque modo, a qualunque costo, questo conta: il pallone al centro del campo, l’inno della serie A, il gruppo arbitrale schierato per la foto ricordo come a scuola, lo scambio dei gagliardetti che non si sa bene quale fine poi facciano, desciòmastgoon dicono quelli che frequentano le lingue.

Io aspetto domani, domenica 9 di gennaio, per vedere l’effetto che fa, tra una Asl e l’altra, tra un Tar e un’assemblea straordinaria di Lega. Che spettacolo meraviglioso.

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