SE NON E’ MALAFEDE, E’ FEDE MALATA

di JOHNNY RONCALLI – Certe mattine uno si sveglia e si scopre ingenuo. Più del solito, diciamo.

Saranno i servizi al tg su Becciu e la saga Vaticanoleaks, sarà Crozza che scodella imitazioni irriverenti, sarà che ho letto recentemente, senza sorprendermi, che sempre più la spiritualità è una questione fai da te. Sarà anche il pensiero ricorrente che attribuisce all’ingenuità, più che alla malafede, la responsabilità delle acque torbide che infestano la chiesa e i malaffari vaticani.

Insomma, pare esserci una pervasiva ingenuità dilagante e nemmeno esimi analisti ne paiono immuni. Ma a volte mi riscopro competitivo e terrei molto ad accaparrarmi la Coppa Candido 2020.

Non la comprendo questa chiesa e se non si tratta di malafede, ma io fatico a crederlo, certo io vedo e leggo fede malata. Ora è Becciu e Vaticano-leaks, ma è valso e vale per miriadi di altri.

Su queste colonne don Carrara parlava di intrighi, cherchez la femme, cherchez l’argent….ma non è rivoltante tutto questo?

Sono ingenuo, non lo comprendo un ministero delle finanze del Vaticano. L’unica chiesa che comprendo è quella sorretta dallo spirito che va da padre Turoldo a don Gallo, spoglio, povero, in mezzo ai disgraziati, dal primo all’ultimo rappresentante.

Fede, speranza, carità, sono le parole che sgorgano anche dalle bocche dei monsignori e dei cardinali, damerini titolati e griffatissimi. Gli ultimi saranno i primi, nel dubbio siamo primi qui sulla terra, in questa stupida gerarchia che contravviene qualsiasi parabola, qualsiasi buona novella, qualsiasi proposito di umiltà.

Il fai da te dello spirito a cui accennavo ha radici anche qui, credo. Non si ha davvero bisogno di porpora, anelli smodati, patrimoni immobiliari, per arrivare a Dio, caso mai ci fosse. Certo non si ha bisogno di una chiesa che dice di aiutarti e poi dietro la grata conta le banconote.

Uomini, solo uomini, non c’è da stupirsi. Non c’è rev., don., mons., card. che tenga, solo uomini, deboli e fuori dalla grazia come tutti noi.

Solo un povero saio, solo una presenza costante in mezzo ai patimenti mi sembrerebbe coerente e accettabile per essere credibili, solo un francescanesimo integralista. Che razza di ingenuità, lo so.

In caso contrario però vedo solo presunzione e superbia, vedo questi intonacati maneggi di soldi e potere, opera di uomini più atei degli atei, perché se credessero in Dio non potrebbero non pensare che alla fine dei loro giorni dovrebbero confessare di essersi occupati più di avere che di essere, e lasciamo stare l’anima. Vedo alterità e distanza anche nelle espressioni, nei portamenti altezzosi, in linea coi barocchi paramenti.

L’indignazione a volte porta a pensare in modo estremo, porta a sperare che si levino dalle scatole una buona volta gli arrivisti e i carrieristi del clero, che divengano quel che vogliono senza ipocrisia, che si facciano partito, setta, banca.

Una chiesa non può proprio essere spoglia e povera? Nullatenente e dedicata solo allo spirito?

Mi si dirà che i soldi servono per finanziare iniziative caritatevoli, per mantenere prestigio politico internazionale, per pagare le confraternite, per pagare i sacerdoti, che è così per tutte le organizzazioni religiose.

Io, di nuovo, sono ingenuo, e penso che da sempre la chiesa va a braccetto con chi ha soldi e potere, ma una chiesa così è destinata a trasformarsi, a scomparire, a essere altro, perché nessuno ne ha bisogno, e ognuno, appunto, alla fine fa da sé. VivadDio.

In attesa di un Turoldo, di un don Gallo, o semplicemente di uomini di buona volontà, con o senza titolo, con o senza tonaca.

Può essere che il nostro don Carrara, se ne ha voglia, riesca a dissolvere le ostili e animose nebbie generate dalla mia ingenuità, ma non è impresa agevole, tengo molto alla mia Coppa.

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