Negli anni mi è capitato di avere in terapia alcuni adolescenti con situazioni esistenziali simili. Si trattava di quelli che definiremmo in modo semplificato “bravi ragazzi”. Con buon rendimento scolastico, magari un po’ timidi, senza grosse conflittualità familiari. Il motivo del loro disagio era legato al patire un certo isolamento sociale.
Rifiutandosi di passare il tempo ubriacandosi o fumando canne, non apprezzando le forme di divertimento trasgressivo di molti dei loro compagni, questi ragazzi si ritrovano abbastanza soli ed emarginati. Addirittura, si rivolgono ad uno psicologo pensando di avere una qualche forma di problema. Troppo giovani per comprendere che in realtà posseggono la grande forza di non cedere alle lusinghe del conformismo, vera trappola dell’adolescenza. Affermano il loro punto di vista, evidentemente minoritario tra il gruppo di coetanei, pagandone le conseguenze. Se non trovano amiche e amici con vedute simili, subiscono un isolamento non desiderato, ma non accettano compromessi con i loro principi e interessi.
Ho letto con molto interesse gli articoli recenti del direttore Cristiano Gatti e di Luca Serafini a proposito di una certa nostra gioventù, attratta dallo sballo totale o potenzialmente capace di bullismo. Le cronache purtroppo sono costrette spesso ad occuparsi di loro.
Il disagio dei ragazzi che ho incontrato io rappresenta probabilmente l’altra faccia della stessa medaglia: le difficoltà di socializzazione degli adolescenti fuori dagli schemi comportamentali e mentali dei loro coetanei rappresentano il disagio sommerso provocato da certi modelli di massa apparentemente predominanti.
Occorre pensare anche a loro. E’ perciò prezioso rilanciare, a partire dallo sport, lo scoutismo, il teatro, l’associazionismo civico, forme di aggregazione sociali capaci di attrarre quanti più ragazzi è possibile. Anche se sono eretici che non trasgrediscono.