SE 30MILA MORTI NON CI DICONO PIU’ NIENTE

All’improvviso un’epifania: il generale Vannacci che pretende la parola per dire basta, smettetela di parlare di me e delle mie quisquilie, ci sono cose ben più importanti di cui occuparsi. Poi, sopraggiunge trafelata la Meloni, con famiglia allargata al seguito, e pure lei esorta a prestare più attenzione alle catastrofi degli ultimi tempi, più che alla difesa di Dio, patria e famiglia e altre amenità da partito preso. Infine loro, i prediletti, i reali inglesi uniti e stentorei, che la fanno breve: quanto è squallido che parliate nei notiziari delle nostre miserie dopo aver ammutolito tutti con i morti in Libia e in Marocco.

Ci sarebbe anche cicciobello Kim il coreano, che all’improvviso la fa finita, brusco freno alle parate e alle prove balistiche, tutte le risorse destinate alla democrazia e agli aiuti dei Paesi disastrati.

Ci sarebbero anche altri, tantissimi altri, un po’ anche noi distratti da mille fesserie, ma l’epifania a un certo punto si dissolve e al di là dei sogni che son desideri, torna prepotente la realtà e la sensazione che queste decine di migliaia di morti in Libia e Marocco siano una seccatura per quasi tutti, anche per chi si occupa di informazione, costretti a distogliere l’attenzione dalle beghe, dai lustrini e dai pruriti morbosi.

Basterebbe un’occhiata alle prime pagine dei quotidiani nazionali il giorno dopo l’alluvione in Libia. Già era evidente la portata della catastrofe, il numero dei morti, si parla di 30mila, eppure le testate che hanno riservato non dico il posto d’onore, ma almeno grande attenzione al disastro, si contano sulle dita di una mano monca.

Un po’ meglio con il terremoto in Marocco, ha destato comunque più attenzione, ma la sensazione che in fondo si tratti di seccature è palpabile. Distolgono dalle miserie nostre quotidiane, alle quali siamo così affezionati, e anche se superficiali e transitorie, per noi valgono più di tutte quelle vite sepolte. Un pensierino, qualche secondo di raccoglimento e poi via, in linea coi notiziari tv nazionali, verso la real casa inglese e le paturnie che tanto ci piacciono.

In fondo sono vite così lontane, sporche, polverose, anonime, inutili, e ad aprire bene le orecchie, al bar, al parco, qui e anche là, il pensiero squallido e meschino c’è: alla fine sono tutti potenziali immigrati in meno. Vite che valgono meno, anche se i buoni principi e la religione ci dicono altrimenti.

Poi, domani, comunque tutti a messa, i compassionevoli e gli spietati, la coscienza si lava in fretta, ma le notizie che dovrebbero occupare sempre le prime pagine sono queste, anche se lontane da noi, in Marocco, come in Libia, come in Iran. Dico 30mila morti, un numero spaventoso e insostenibile, non dico minutaglie. Riusciamo ancora a capire cosa sono 30mila morti?

E invece non è così, a partire dai notiziari della TV nazionale, e chi ha frequentato negli ultimi mesi soprattutto quello di RAI 1 sa di cosa parlo. Un alleggerimento continuo del repertorio, sempre più leggero, sempre più giovane, sempre più lesto a compensare il mondo che urla, piange e muore. Sempre più impegnato a distrarci, a sviare l’attenzione.

Sempre più lesto a girare pagina, il gesto più semplice e facile, il gesto che mette le coscienze in pace.

 

 

 

 

 

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