SCRIVERE PER MORIRE UN PO’ MENO

di ALBERTO VITO (sociologo e psicologo) – Mi sono chiesto quale bisogno ci sia dietro il piacere, condiviso da molti, della scrittura.

Infatti in Italia siamo un popolo di scrittori, ma con scarsi lettori.

Sono tantissimi, infatti, i libri pubblicati ogni anno nel nostro Paese, ma la stragrande maggioranza raggiunge solo alcune decine di lettori.

Pochi credo che scrivano perché davvero guidati da un irresistibile bisogno di comunicare qualcosa di essenziale. Sono pochi quelli che hanno veramente qualcosa da dire.

Sicuramente in molti, forse in tutti, c’è piuttosto una bella quota di narcisismo e di vanità.

Fa piacere leggere il proprio nome da qualche parte: il mito della fama può essere abbagliante. Fu Andy Warhol a predire, in modo geniale, come vivessimo in una società che garantisce a tutti quindici minuti di fama. In questo senso, la televisione prima e i social media poi giocano un ruolo essenziale. Una delle conseguenze più nefaste di questo ampliamento della visibilità per tutti è che, nelle società digitali, il binomio competenza-successo si è irrimediabilmente scisso. Fino al paradosso estremo: molte volte meno si è competenti e più si ha successo. Qualcuno, ormai, della competenza quasi si vergogna.

Ma torniamo alla scrittura. Il riferimento al narcisismo è esatto, ma non mi convince fino in fondo. Resta in superficie della questione.

Penso a me. Mi accorgo che quest’anno ho scritto molto. Ed allora, capisco.

Si scrive per non morire, come diceva una canzone.

Ho una figlia, ho due nipotini. In qualche modo ho un’eredità.

Ma forse scrivo per lasciare una traccia, un’orma, sia pur flebile.

Scrivere è qualcosa che resta nel tempo, in linea teorica. E’ un segno tangibile di una presenza.

Verba volant, scripta manent, ci hanno insegnato a scuola.

Allora, scrivere rappresenta un tentativo ingenuo di raggiungere l’immortalità, un modo per sconfiggere la paura del vuoto.

Forse si diventa compulsivi quando si ha più paura.

Scegliete voi cosa sia meglio: ma il popolo di chi scrive non è solo narcisista. Siamo spaventati per la nostra umana fragilità.

 

 

 

 

 

 

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