SARA’ MEGLIO CHE ARRIVINO I PRIVATI A SALVARE IL PIANETA

Le notizie più giornalisticamente attraenti che riguardano la Cop26 di Glasgow e il G20 appena concluso si riferiscono alle grandi nazioni in via di sviluppo che cercano di rallentare gli accordi e lo scontro generazionale tra i giovani e i potenti del mondo. Tra le pieghe dei lavori, però, ci piace mettere in luce una nuova tendenza che potrebbe essere decisiva per la reale esecuzione dei piani: il forte interesse del settore privato, che si propone come partner dei governi in termini di talenti, risorse umane e finanziarie e capacità operativa.

Dalle colonne di @ltroPensiero.net non è la prima volta che ne parliamo, ma mai come ora il momento sembra quello giusto. Il testimonial istituzionale del new deal è l’attempato e pure un po’ bollito (la sua entrée sul palco è preceduta da una “inciampata” clamorosa) principe Carlo in attesa di corona da una vita, che bacchetta i leader come una Greta anziana. Da sempre professa la sua passione a favore dell’ambiente, ma è adesso che sta catalizzando l’attenzione, agendo da testimonial chiave di un’iniziativa significativa. Di cosa si tratta? Dalle sue parole, “circa 300 dei migliori amministratori delegati del mondo di ogni settore dell’economia, compresi i servizi finanziari, si sono uniti alla mia iniziativa a sostegno di Mercati Sostenibili (SMI) e hanno dimostrato quanto siano sensibili al modo in cui sia i consumatori, che controllano più del 60% del Pil globale, che gli azionisti stanno chiedendo cambiamenti nel modo in cui le imprese si comportano”. Vice presidenti della SMI sono Brian Moynihan, presidente e CEO di Bank of America, e Brunello Cucinelli, il re del cashmere e grande umanista.

Un po’ il diavolo e l’acqua santa, se vogliamo: una spietata banca a stelle e strisce e un imprenditore italiano ispirato. Mondi diversi che si uniscono davanti all’emergenza climatica, suggerendo le proprie soluzioni. L’americano dice “abbiamo un impegno di 1000 miliardi di dollari da qui al 2030 per aiutare i nostri clienti nel raggiungimento della “neutralità zero” in termini di inquinamento, attraverso una transizione ecologica giusta. Quello che sta succedendo nel mondo delle imprese è un motore potente”.

L’italiano gioca la carta della cultura “e ora costruiremo a Solomeo (sede dell’azienda, ndr) una Biblioteca universale; per questa idea ci siamo ispirati al grande Tolomeo I di Alessandria e all’Imperatore Adriano quando dice <<i libri mi hanno indicato la via della vita; da grande, la vita mi ha fatto comprendere il contenuto dei libri. Chi costruirà biblioteche, avrà costruito granai pubblici per le future generazioni>>. Questa è la nostra idea di Umana sostenibilità e quello che noi chiamiamo Capitalismo umanistico”.

Non sono iniziative isolate, cito il Fashion Pact a favore dell’ambiente con i grandi nomi della moda e dell’abbigliamento sportivo, e il Business Roundtable, associazione americana che ha riunito 180 imprese tra le più grandi, spingendole a sottoscrivere una Carta Etica.

Dal mio (piccolo) osservatorio aziendale confermo in pieno il trend. C’è un fermento positivo a favore dei portatori di interesse (stakeholder) e non solo dei classici portatori di profitto (shareholder), un grande cambiamento anche solo rispetto a cinque anni fa. Tra i primi ha un posto speciale l’ambiente e tanti progetti stanno nascendo per proteggerlo, non tutti con ritorni economici. L’onda si propaga più rapidamente di quello che pensiamo e anche la comunità dei dipendenti di queste società a sfondo etico sono fatte da milioni di persone, che sono esse stesse opinione pubblica.

L’interlocutore privato appare, perciò, come un partner affidabile e necessario per raggiungere in tempi così stretti gli obiettivi ambiziosi dichiarati nella Cop26: prima ce ne convinciamo e meglio sarà.

 

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