RIPARTIRE DALL’AMICIZIA

di JOHNNY RONCALLI – Mi chiama Giovanni, amico fin dalla tarda adolescenza. Non ci sentiamo spesso, due, tre, quattro volte all’anno. Ma abbiamo vissuto insieme tante cose che fanno di noi quel che siamo e non serve assiduità per ritrovarsi, per riconoscersi.

Giovanni è un insegnante, l’insegnante che io vorrei sempre avere. Un uomo vero, che ancora si illude di poter credere in valori importanti e ancora si illude di poterli spiegare, di poterli insegnare. Un uomo che non dorme una settimana se si accorge di aver lasciato alle spalle un suo alunno, di non aver compreso di esserselo lasciato alle spalle. A tutti e due viene in mente don Milani mentre mi racconta l’episodio. Giovanni ha certamente più fede di me, ma certi maestri non chiedono devozione.

Si finisce col parlare di Covid, inevitabilmente, di nuove generazioni, di valori, la sua delusione – senza peraltro alcuna ombra di rassegnazione – per la diseguaglianza sempre più marcata tra chi ha e chi non ha, la mia disillusione, la mia unica speranza riposta negli occhi delle persone con le quali poter parlare.

L’unico modo per provare ancora a cambiare se non il mondo, almeno chi ti passa accanto. E poi, tempo al tempo, chissà….

Non ci credo nemmeno io in realtà, ma fa talmente bene parlare con qualcuno che crede a qualunque costo di poter diventare sempre migliore e di poter aiutare gli altri a diventare migliori. E fa così bene tornare a casa, ricordare in cosa credevamo e scoprire che in fondo ancora non ci siamo rassegnati, che un po’ ribelli lo siamo rimasti in fondo. Nonostante l’etichetta di pessimista che sempre più amo indossare.

È strano, dopo così tanti anni, era la metà degli anni ottanta del secolo scorso in fondo, ritrovarsi e riconoscersi, nonostante sia successo di tutto nel frattempo.

Questa sera ho avuto la sensazione di guardare negli occhi il mio amico, anche senza videochiamata, siamo tipi all’antica, e che una folata di ottimismo e di energia sia passata malandrina.

Con imperdonabile piglio vigliacco, a un certo punto mi dice, ‘sono contento che tu ci creda ancora e non ti sia rassegnato’.

Non durerà, ma che vuoi dire ai maestri, quando poi son così testardi.

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