RAYAN E JOSE’, BAMBINI CHE SALGONO E CHE SCENDONO DALLA GIOSTRA

Non è Mahamood. Non è nemmeno Morandi o Checco Zalone o Fiorello.

Il vero mattatore del Festival è un minorenne, potente al punto di imporre anche la Ferilli al fianco di papino, di cognome fa Sebastiani e di nome, ahilui, Josè, non in omaggio al portoghese Saramago, scrittore illustre, ma al suo compatriota lusitano Mourinho che fece perdere la testa al padre del neonato. Costui – il padre – è Amadeus che appartiene alla tribù nei neuroazzurri, da Fiorello a Mentana, da Labate a Bertolini, da Pucci a Lerner, da Severgnini a Iachetti, da Valentino Rossi a Riotta, tutti reduci dall’epoca bella dello Special One.

L’idea di proseguire l’epopea affibbiando il nome dell’allenatore portoghese dimostra quanto sia stato importante lo stesso per una comitiva che mai avrebbe pensato di intitolare un proprio famigliare a Helenio o Luisito, ma i tempi sono cambiati e si registrano a Torino alcuni Michel, a Napoli una folla di Diego, a Roma fate un po’ voi, mentre mi sarei aspettato all’anagrafe di Firenze una fila infinita di Dante.

Negativo, gli idoli contemporanei sono diversi, avremo dunque prossimamente tanti piccoli Gratosoglio in omaggio al luogo di vita di Alessandro Mahmood?

La provocazione è scontata, Sanremo ha offerto anche questo spicchio di gloria imprevista, un bambino di tredici anni felice di stare sulla giostra dei grandi, mentre nelle stesse ore un bambino di cinque usciva da quel parco di divertimenti.

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