RAI, MEZZIBUSTI MEZZI SILURATI

Non sono mica tutti come il Mentana che incomincia all’alba e finisce a notte fonda, da cui la maratonamentana che Filippide non immaginava nemmeno.

Quelli della Rai sono un’altra cosa, per loro Stakanov al massimo era un compagno, nel senso che comprendete, ma non un collega. La cronaca dice che Monica Maggioni, già presidente dell’ente radiotelevisivo e oggi direttrice del TG1, ha invitato tre giornalisti, Giorgino Francesco, D’Aquino Emma e Chimenti Laura, belle facce dei telegiornali in prima serata, a presentarsi alla rassegna stampa del mattino, ore 6 e 30, quella detta a Milano dei “magutt”, dei muratori.

I tre hanno opposto rifiuto, figuratevi se si prestano al trucco e parrucco per pochi intimi, quando gli ascolti hanno indici da riunione condominiale. Giammai, loro sono da grande pubblico, collegamenti con il fronte o con il ballatoio sanremese, la carriera non può essere maltrattata con cappuccino, cornetto e sbadiglio.

La Maggioni di cui sopra li ha allora castigati, ha tolto loro il mezzobusto serale, si accomodino in redazione e sbrighino le agenzie. Pare che anche il sodale della direttrice, il Sangiuliano di TG2, voglia adottare la stessa tattica al canto, una mattina mi sono svegliato e belli ciao.

La Rai è un rettilario eterno, si contano 1858 giornalisti, compresi quelli nelle sedi distaccate, con tutta ‘sta roba si potrebbero allestire una trentina di quotidiani stampati, ma senza i privilegi di cui si gode a Saxa Rubra e dintorni.

La vicenda è comunque buffa e, insieme, emblematica, anche perché risulta che uno della triade, trattasi di Giorgino, abbia presentato un certificato medico che attesta la sua fragilità fisica nelle ore che precedono il sorgere del sole. Davvero un caso umano di cui potrebbero occuparsi Costanzo Maurizio o Nuzzi Gianluigi su “Quarto Grado”.

I tre verrebbero dirottati ai telegiornali della pausa pranzo, ma non è detto che accettino l’ulteriore trasloco. Si procede per comitati di redazione e faide di corridoio.

Mi torna alla mente l’aforisma che circolava in Rai, negli anni Sessanta e attribuito a un dirigente: “Quest’anno abbiamo assunto cinque giornalisti, uno della Dc, uno del Pci, uno del Psi, uno del Pri e uno bravo”. Direi che, rispetto ad allora, manca il quinto.

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