QUELLI CHE VOGLIONO GLI ONOREVOLI CANI

La proposta di Michaela Biancofiore, capogruppo di “Noi moderati” in Senato, che vorrebbe una legge per permettere ai parlamentari di portarsi dietro i propri animali domestici, si potrebbe facilmente commentare con una scontatissima battuta: di bestie, in Parlamento, ne entrano già a sufficienza, senza bisogno di norme particolari.

Ora, al di là della facile ironia, questa richiesta della senatrice Biancofiore, che il noto paracadutista immaginario La Russa ha sottoposto ai questori senatorii, ha tutte le caratteristiche della questione patafisica: la bionda parlamentare, infatti, definisce una battaglia di civiltà portarsi appresso cani e gatti sul posto di lavoro: e massime in Parlamento, dove si forgiano le leggi a tutela del mondo animale e da dove dovrebbe partire il buon esempio. Per la verità, la faccenda riguarderebbe soltanto gli spazi individuali: ci verrebbe, dunque, risparmiata la scenetta della Biancofiore che disserta in aula, carezzando il capoccione del suo Labrador. Inoltre, questa voga animalistico-sentimentale pare impazzare in tutta Europa, visto il fervere di norme che vanno in questo senso.

Tuttavia, lasciatemelo dire, gli animaletti in Senato c’entrano come i cavoli a merenda: il Parlamento, seppure umiliato dalla presenza nelle varie epoche di tanti mediocri, manutengoli e rubacchiatori assortiti, è pur sempre un luogo simbolico dell’autorevolezza dello Stato. Non è un ufficio delle assicurazioni o delle poste. Non si tratta di essere bacchettoni, ma ve lo vedete un parlamentare che si fa la doccia in ufficio o si allena al golf con il cestino dei rifiuti? Vi pare normale che si porti dietro il cane, il gatto o il pappagallo ara?

Il che non significa avere il cuore di pietra o tifare per quelli che abbattono gli orsi: vuol dire avere a cuore quel minimo di formalismo che deve accompagnarsi a certi luoghi: non si va al cimitero vestiti da clown e non si porta Fidobau in Parlamento. E me la vedo, la Biancofiore che si fa fare la manicure dalla sua cinesina preferita o che allestisce un caravan per la messa in piega nel suo ufficio di palazzo Madama: privato per privato, tanto vale. Di questo passo, le prossime richieste saranno di questo genere.

In conclusione, non basta avere dei Parlamentari che ci lascino il serissimo dubbio circa la loro utilità: dobbiamo anche pupparci i loro uzzoli, spacciati per scelte di civiltà, alla faccia di qualunque simbolo, più o meno significativo, dell’austera presenza dello Stato. Ma non scherziamo: cagnoli e gattini se ne stiano al loro posto, accuditi, come immaginiamo, da stuoli di dog-sitter sottopagate. E il Parlamento rimanga il luogo dove si scrive la storia di un paese, non dove si fa di tutto per cancellarla, tra pisciate di cane e peli di gatto.

Altrimenti, non c’è che un’alternativa, se non si può rinunciare alla compagnia dell’amato animaletto: raccogliere pettinini, specchietti e altre carabattole assortite, levarsi dai piedi e tornare a casina bella, a convivere felicemente con la bestiola. Rinunciando alla montagna di soldi che paghiamo a questi qua per scrivere simili scemenze.

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